A chi fu dato molto, molto sarà chiesto
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”.
Allora Pietro disse: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?”.
Il Signore rispose: “Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
Beato qual servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suo averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel sevo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore, assegnandoli il posto fra gli infedeli.
Il sevo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.
Parola del Signore
Il Vangelo vuol far nascere in noi un atteggiamento di attesa per ricevere Cristo. Quest’attesa non è rivolta ad un avvenire più o meno lontano che non possiamo conoscere, ma ci fa rivolgere al presente.
Il ritorno di Cristo non è come una grande luce che getterà nell’ombra il mondo presente, ma al contrario essa illumina la nostra vita presente! Il presente non ci separa da colui che viene. Noi siamo già legati a Cristo col fare la sua volontà: servire coloro che lui ci ha affidato.
Gesù si è fatto servo di tutti. Egli ci chiede di servire veramente a nostra volta. Lungi dal volerci condurre ad un timore sterile e paralizzante, le sue parole ricordano quanto sia grande la fiducia che Dio ha negli uomini, una fiducia senza riserve che, se non è dimenticata, suscita questa risposta nel cristiano: imitare Cristo stesso.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io confiderò, non avrò mai timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia
Alle sorgenti della salvezza.
Lodate il Signore, invocate il suo nome;
manifestate tra i popoli le sue meraviglie,
proclamate che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto opere grandi,
ciò sia noto in tutta la terra.
Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,
perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele.
Riflessione di gruppo
Si è preso le mosse dal tema del Congresso dell’anno scorso, riguardante la CRISI ECONOMICA. La conclusione che si è ricavata dall’analisi della crisi è che la maggior causa è stata la MANCANZA DI ETICA: la mancata considerazione per l’uomo come individuo dotato di umanità. L’economia, infatti, ben lungi dall’essere concepita in modo altruistico, non ha messo al centro l’uomo.
Il tema di quest’anno esamina quindi l’UOMO. Uomo come ESSERE E AGIRE NELLA SOCIETA’, cioè la presa in esame dei rapporti che l’uomo instaura con i suoi simili, basati sull’esercizio della virtù e del vizio.
Riguardo a queste due componenti, lo spunto è stato fornito da un testo di Salvatore Natoli, il quale sostiene che il VIZIO E VIRTU’ NASCONO DA UNA STESSA RADICE. Ma come si può definire la virtù? Quali sono le qualità umane che possiamo chiamare “virtù”?
Possiamo magari pensare a pazienza, rispetto, umiltà, disponibilità, sincerità, onestà, compassione… Facendo un “brain storming” ce ne vengono in mente molte.
Tuttavia possiamo cercare di trovare un elemento comune a tutte, e cioè che tutte richiedono di mettersi in relazione con gli altri.
Esse ci pongono in contatto pieno con noi stessi e con gli altri e, cosa più importante, TENDONO AL BENE.
Nella prospettiva della TEOLOGIA MORALE la virtù è importante.
Ogni nostro singolo atto buono manifesta una virtù.
Ma oltre al singolo atto è importante la vita nella sua interezza. Per esempio -se si compie un delitto, quello è un atto violento, ma è singolo, e quindi non basta a condannare per tutta la vita-. VIRTU’ non è tanto possedere delle qualità, ma è una DIMENSIONE dell’ESSERE, una SUA PROPRIETA’. L’uomo non “ha fede , speranza, carità”, ma “è credente, è uno che spera, è una persona caritatevole”. Egli non nasce virtuoso, lo diventa.
Quando si sente dire “siamo nati liberi”… Le scritture ci parlano dell’Esodo, e del faticoso cammino degli ebrei per sfuggire alla schiavitù. Da ciò deduciamo che nulla ci viene propriamente dato. La virtù è una DIMENSIONE EVOLUTIVA. Virtù non è solo sforzo dell’uomo, ma viene anche da Dio (cfr. “Lo Spirito in dono” di un autore canadese : il dono è un simbolo che esce dalla logica economica per denotare la riconoscenza verso qualcuno).
Nell’ Antico Testamento non c’è il concetto di virtù, non è spiegato o definito, ma vi sono invece figure concrete, per esempio Abramo, che personifica la fede; o Mosè, che personifica il coraggio.
A differenza della filosofia, che è astratta in cui quanto basata sul ragionamento speculativo, le Scritture ci fanno esempi concreti -pensiamo all’immagine dell’albero, che può dare frutti buoni o cattivi-.
I Greci avevano definito l’ αmρετή (aretè), che poneva al centro l’uomo (NB. L’ αmρετή non ha neanche per i Greci definizione univoca. Ad esempio, Aristotele divide tra virtù “etiche” e “dianoetiche”). Nella Scrittura sacra, al contrario, le virtù sono teocentriche.
Prendiamo per esempio l’umiltà: c’è quella di Socrate (“So di non sapere”) e quella di S. Paolo nella “Lettera ai Filippesi” (una sorta di carità: considerare gli altri superiori a se stessi, cercando l’interesse degli altri -cosa che ci rende uniti-).
Nelle Scritture le virtù sono identificabili nei “frutti dello Spirito”.
Per definire la virtù, notiamo che ha una lunghissima tradizione. È simile ad una proprietà permanente, HABITUS, che permane “su” di noi e “in” noi, cioè la parte più profonda dell’essere.
(NB. La suddivisione corpo - anima è del mondo greco; le Scritture invece hanno una visione un po’ più unitaria).
Ma habitus è anche la scienza, la disposizione artistica,…
In senso lato, la virtù è ciò che ci fa vivere bene; indica scegliere un valore etico da realizzare, assieme alle qualità che uno ha.
Ma le qualità sono dentro all’uomo o al di fuori dell’uomo?
Le abbiamo sempre avute o le apprendiamo? È necessario maturare una profonda coscienza di sé.
Noi conosciamo le virtù per via indiretta: dal gesto deduciamo la virtù. Noi tendiamo a qualcosa, ma come si capisce dov’è ciò a cui tendiamo? Che si conosce così bene da sapere qual è il suo scopo nella vita?
Per i Riformati (Protestanti), la virtù non è salvifica, perché essa viene da Dio -esempio, la fede non si ha: è Dio che ci ha donato la fede-. Ma anche nel Vangelo c’è un passo che dice “L’uomo non ha nulla che non abbia ricevuto”.
Guardiamo la “storicità della virtù”: in certi periodi, alcune virtù sono in auge, in altri meno. Probabilmente però non sono i valori che cambiano: a cambiare è piuttosto la comprensione della nostra vita.
Afferma s. Agostino: “Homines sunt libertates”: se la libertà punta all’uomo si può considerare virtù, altrimenti è egoismo.
Scritto da Giulia il agosto 23 2011 09:25:19
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”.
Allora Pietro disse: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?”.
Il Signore rispose: “Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
Beato qual servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suo averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel sevo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore, assegnandoli il posto fra gli infedeli.
Il sevo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.
Parola del Signore
Il Vangelo vuol far nascere in noi un atteggiamento di attesa per ricevere Cristo. Quest’attesa non è rivolta ad un avvenire più o meno lontano che non possiamo conoscere, ma ci fa rivolgere al presente.
Il ritorno di Cristo non è come una grande luce che getterà nell’ombra il mondo presente, ma al contrario essa illumina la nostra vita presente! Il presente non ci separa da colui che viene. Noi siamo già legati a Cristo col fare la sua volontà: servire coloro che lui ci ha affidato.
Gesù si è fatto servo di tutti. Egli ci chiede di servire veramente a nostra volta. Lungi dal volerci condurre ad un timore sterile e paralizzante, le sue parole ricordano quanto sia grande la fiducia che Dio ha negli uomini, una fiducia senza riserve che, se non è dimenticata, suscita questa risposta nel cristiano: imitare Cristo stesso.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io confiderò, non avrò mai timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia
Alle sorgenti della salvezza.
Lodate il Signore, invocate il suo nome;
manifestate tra i popoli le sue meraviglie,
proclamate che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto opere grandi,
ciò sia noto in tutta la terra.
Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,
perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele.
Riflessione di gruppo
Si è preso le mosse dal tema del Congresso dell’anno scorso, riguardante la CRISI ECONOMICA. La conclusione che si è ricavata dall’analisi della crisi è che la maggior causa è stata la MANCANZA DI ETICA: la mancata considerazione per l’uomo come individuo dotato di umanità. L’economia, infatti, ben lungi dall’essere concepita in modo altruistico, non ha messo al centro l’uomo.
Il tema di quest’anno esamina quindi l’UOMO. Uomo come ESSERE E AGIRE NELLA SOCIETA’, cioè la presa in esame dei rapporti che l’uomo instaura con i suoi simili, basati sull’esercizio della virtù e del vizio.
Riguardo a queste due componenti, lo spunto è stato fornito da un testo di Salvatore Natoli, il quale sostiene che il VIZIO E VIRTU’ NASCONO DA UNA STESSA RADICE. Ma come si può definire la virtù? Quali sono le qualità umane che possiamo chiamare “virtù”?
Possiamo magari pensare a pazienza, rispetto, umiltà, disponibilità, sincerità, onestà, compassione… Facendo un “brain storming” ce ne vengono in mente molte.
Tuttavia possiamo cercare di trovare un elemento comune a tutte, e cioè che tutte richiedono di mettersi in relazione con gli altri.
Esse ci pongono in contatto pieno con noi stessi e con gli altri e, cosa più importante, TENDONO AL BENE.
Nella prospettiva della TEOLOGIA MORALE la virtù è importante.
Ogni nostro singolo atto buono manifesta una virtù.
Ma oltre al singolo atto è importante la vita nella sua interezza. Per esempio -se si compie un delitto, quello è un atto violento, ma è singolo, e quindi non basta a condannare per tutta la vita-. VIRTU’ non è tanto possedere delle qualità, ma è una DIMENSIONE dell’ESSERE, una SUA PROPRIETA’. L’uomo non “ha fede , speranza, carità”, ma “è credente, è uno che spera, è una persona caritatevole”. Egli non nasce virtuoso, lo diventa.
Quando si sente dire “siamo nati liberi”… Le scritture ci parlano dell’Esodo, e del faticoso cammino degli ebrei per sfuggire alla schiavitù. Da ciò deduciamo che nulla ci viene propriamente dato. La virtù è una DIMENSIONE EVOLUTIVA. Virtù non è solo sforzo dell’uomo, ma viene anche da Dio (cfr. “Lo Spirito in dono” di un autore canadese : il dono è un simbolo che esce dalla logica economica per denotare la riconoscenza verso qualcuno).
Nell’ Antico Testamento non c’è il concetto di virtù, non è spiegato o definito, ma vi sono invece figure concrete, per esempio Abramo, che personifica la fede; o Mosè, che personifica il coraggio.
A differenza della filosofia, che è astratta in cui quanto basata sul ragionamento speculativo, le Scritture ci fanno esempi concreti -pensiamo all’immagine dell’albero, che può dare frutti buoni o cattivi-.
I Greci avevano definito l’ αmρετή (aretè), che poneva al centro l’uomo (NB. L’ αmρετή non ha neanche per i Greci definizione univoca. Ad esempio, Aristotele divide tra virtù “etiche” e “dianoetiche”). Nella Scrittura sacra, al contrario, le virtù sono teocentriche.
Prendiamo per esempio l’umiltà: c’è quella di Socrate (“So di non sapere”) e quella di S. Paolo nella “Lettera ai Filippesi” (una sorta di carità: considerare gli altri superiori a se stessi, cercando l’interesse degli altri -cosa che ci rende uniti-).
Nelle Scritture le virtù sono identificabili nei “frutti dello Spirito”.
Per definire la virtù, notiamo che ha una lunghissima tradizione. È simile ad una proprietà permanente, HABITUS, che permane “su” di noi e “in” noi, cioè la parte più profonda dell’essere.
(NB. La suddivisione corpo - anima è del mondo greco; le Scritture invece hanno una visione un po’ più unitaria).
Ma habitus è anche la scienza, la disposizione artistica,…
In senso lato, la virtù è ciò che ci fa vivere bene; indica scegliere un valore etico da realizzare, assieme alle qualità che uno ha.
Ma le qualità sono dentro all’uomo o al di fuori dell’uomo?
Le abbiamo sempre avute o le apprendiamo? È necessario maturare una profonda coscienza di sé.
Noi conosciamo le virtù per via indiretta: dal gesto deduciamo la virtù. Noi tendiamo a qualcosa, ma come si capisce dov’è ciò a cui tendiamo? Che si conosce così bene da sapere qual è il suo scopo nella vita?
Per i Riformati (Protestanti), la virtù non è salvifica, perché essa viene da Dio -esempio, la fede non si ha: è Dio che ci ha donato la fede-. Ma anche nel Vangelo c’è un passo che dice “L’uomo non ha nulla che non abbia ricevuto”.
Guardiamo la “storicità della virtù”: in certi periodi, alcune virtù sono in auge, in altri meno. Probabilmente però non sono i valori che cambiano: a cambiare è piuttosto la comprensione della nostra vita.
Afferma s. Agostino: “Homines sunt libertates”: se la libertà punta all’uomo si può considerare virtù, altrimenti è egoismo.
Scritto da Giulia il agosto 23 2011 09:25:19