testo tratto da Enzo Bianchi, Una lotta per la vita, san Paolo, Milano 2011, pp. 123-134.
La sessualità è presente in ogni manifestazione della vita, ma resta vero che la sua prima conoscenza da parte del bambino avviene contemporaneamente alla scoperta progressiva di sé e della differenza nella relazione con gli altri. Quando emerge la sessualità, ossia la relazione con il proprio corpo e con quello degli altri, allora è anche possibile la deformazione, la deviazione. L'eros è chiamato alla relazione, ma se quest'ultima è negata, il sesso si deforma in lussuria, in porneía, in fornicazione', patologia strettamente connessa alla gastrimarghía, perché la voracità di cibo e quella sessuale affondano le radici nello stesso terreno: «l'ingordigia è madre della lussuria»63; significativamente Giovanni Climaco mette in bocca all'ingordigia personificata questa dichiarazione: «Mia figlia primogenita è la lussuria»64 Come l'ingordigia, anche la lussuria è un vizio del corpo in cui sono coinvolti tutti e cinque i sensi, attraverso una preparazione che inizia noimalmente con la vista, l'odorato, l'udito, e si conclude con la gola e il tatto. Tuttavia la parola di Gesù già ricordata - «Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni... adultèri... impudicizia» (Mc 7,21-22) - ha reso coscienti che anche la lussuria è un vizio dell'anima, nasce dal cuore e va combattuta con la purificazione del cuore! Ingordigia e lussuria sono passioni che indicano uno sviamento della percezione e un conseguente atteggiamento che porta a ricercare il piacere per se stesso, il godimento fisico avulso dallo scopo al quale è legato.
Chi è preda della lussuria, come si è detto, assolutizza la propria pulsione e nega la relazione con l'altro: la porneía consiste infatti in una scissione della personalità del soggetto, in un ripiegamento su di sé in cui l'altro è ridotto a un oggetto del proprio desiderio deviato, e dunque in una cosificazione dell'altro. Le pulsioni erotiche, non più ordinate e armonizzate nella totalità della persona, sfogano la propria natura caotica e selvaggia, fino a sommergere l'altro, indotto nella fantasia o nella realtà - quasi sempre con prepotenza - all'atto sessuale. In altre parole, la lussuria si manifesta là dove il piacere sessuale è incapace di sottostare alle elementari regole della dignità propria e altrui. Il piacere è nell'uomo godimento del mondo, e il corpo dell'uomo è per l'uomo stesso fonte di piacere, in particolare del piacere sessuale, che per sua natura tende all'eccesso, fino all'estasi, all'uscita da se stessi. Proprio per questo è necessaria una disciplina del sesso, una faticosa purificazione degli istinti, una unificazione del piacere con la relazione e la fecondità. Se non si accede a tale disciplina, l'eros è ridotto alla genitalità o al piacere, con la conseguenza che al posto del dono c'è il possesso e che l'attrazione diventa violenza: così l'unità del corpo e della psiche viene tragicamente spezzata, e, quel che è ancora più grave, l'altro finisce per essere cosificato, trasformato da soggetto di relazione a mero oggetto di consumo, a elemento feticistico.
Ecco perché - come nota acutamente Jean Baudrillard - la produzione pornografica evita di inquadrare il volto dei soggetti in causa, ma si limita nella maggior parte dei casi a mostrare i dettagli genitali: in tal modo, essa intende fornire l'impressione del dominio, del possesso dell'altro, ridotto addirittura a una sola parte del suo corpo65...
Eppure questa passione nasce nello spazio della sessualità voluta da Dio, il quale, nell'atto di creare l'uomo e la donna, «li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi"» (Gen 1,28). Il desiderio sessuale è santo, è un invito a un cammino verso la comunione tra uomo e donna; e il piacere che è connesso al suo soddisfacimento è santo, ma può deformarsi in relazioni ripiegate su se stesse e in eccessi segnati da una terribile aggressività. E qui va detto con chiarezza: il piacere sessuale è un fenomeno complesso, che non riguarda solo la genitalità e l'orgasmo, ma la persona intera, con tutti i suoi sensi. Esso è l'epifania del dono di sé all'altro, è il coronamento dell'unione e, come tale, è inscritto nella storia di un uomo e di una donna: appare nella pubertà ed è accompagnato dalla fecondità, per poi conoscere una stagione di diminuzione, fino alla sua estinzione... Al contrario, la porneía consiste nell'intendere il piacere come qualcosa che è scisso dai soggetti, dalla loro storia d'amore, ed è perciò una ferita inferta a se stessi, all'altro e, in definitiva, a quel Dio di cui l'essere umano è immagine (cf. Gen 1,26-27). Insomma, «la sessualità diventa cattiva qualora si separi il corpo dalla persona, perché il sesso separato dalla persona degenera: trapassa in aridità, diviene ossessiva ripetizione»66. Ridotta all'erotismo, l'energia sessuale frammenta, divide, dissipa il soggetto, mentre quando è rivolta all'amore, alla comunicazione, alla re¬lazione, cioè alla storia d'amore, diviene unificante. L'amore, che è dono di sé e accoglienza dell'altro, è smentito radicalmente dalla lussuria, che vuole il possesso dell'altro: così il rapporto sessuale, che dovrebbe essere un «linguaggio altro», sempre accompagnato dalla parola ma anche eccedente la parola stessa, diventa la morte del linguaggio, della comunicazione, impedendo di fatto ogni comunione.
Occorre anche ammettere che il contesto culturale in cui oggi viviamo, costruito ad arte dai mass media e sfruttato dalla pubblicità, è quello di un universo erotizzato: la nostra è una società in cui l'unica realtà non oscena è quella dell'erotismo, al punto che è ormai impossibile evitare di imbattersi in immagini erotiche, le quali si imprimono nella nostra mente, per riemergere poi al tempo opportuno e stimolare le nostre fantasie perverse. Così si erotizzano le merci da vendere e si mercificano i corpi! Come impedire allo sguardo di incrociare queste immagini seducenti, pensate e create proprio per avere una forte capacità di penetrazione, per restare impresse nella memoria? Una via elementare per reagire a tale clima che si respira è quella di riflettere sul fatto che, come l'ingordigia, anche la lussuria toglie la libertà: chi ne è schiavo finisce per asservirsi all'idolo del piacere sessuale, che lo ossessiona e crea in lui una pericolosa dipendenza. Chi è preda della porneía è come malato di bulimia dell'altro, lo cosifica, re¬almente nella prestazione sessuale o virtualmente nell'immaginazione. A questo proposito, è interessante notare che oggi si assiste al fenomeno sempre più diffuso di persone maggiormente tentate da una lussuria interiore che non da rapporti sessuali veri e propri; come non interrogarsi di fronte al paradosso di un invecchiamento precoce dei sensi, al fenomeno di persone tanto inclini all'eros virtuale quanto segnate da un «libidogramma piatto»?
Tornando alla radice della questione, possiamo affermare che la vera perversione in atto nella porneía è quella che concerne tre possibili derive della sessualità: la fusione, la focalizzazione su di sé, il rifiuto della differenza. Tre dimensioni che inducono a concepire l'altro come semplice possibilità di incontro sessuale, come mera occasione di piacere erotico, senza riconoscimento della distanza e dell'alterità. Non si dimentichi che si comincia a essere preda della lussuria con lo sguardo; non a caso si usano espressioni come «spogliare una persona con gli occhi». C'è un modo di guardare, il guardare con voracità, che è già acconsentimento alla tentazione, è già affermazione di possesso dell'altro. Chi non conosce l'ascesi dello sguardo e dell'ascolto (mi riferisco a un certo tipo di linguaggio intriso di doppi sensi), e attraverso di essa l'ascesi dell'immaginazione, facilmente cade preda della lussuria...
Proprio qui si innesta anche una riflessione cristiana su questo secondo «pensiero» e sulla sua possibile terapia. «Chiunque guarda una donna con concupiscenza ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore» (Mt 5,28): così ha messo in guardia Gesù, con parole che nella loro nettezza non abbisognano di commento... Egli ha anche detto: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8), per indicare che solo la percezione del mistero dell'altro può aprire al dono della conoscenza di Dio. Non è possibile pensare di «vedere Dio», se non si è imparato a vedere l'altro nella sua verità, cioè come soggetto e destinatario del rispetto e dell'amore. Solo chi fa esperienza dell'altro nella verità, può anche fare esperienza di Dio, il tre volte Altro (cf. Is 6,3), nella verità, perché «chi non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20)!
Proseguendo in questa direzione Paolo potrà scrivere ai cristiani di Corinto: «Il corpo non è per la porneía, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo... Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?» (1Cor 6,13.19). La castità infatti, come vedremo più avanti, è rifiuto dell'incesto, cioè rispetto radicale dell'alterità e della differenza, e, di conseguenza, rifiuto della fusione, della coincidenza, dell'assorbimento dell'altro e nell'altro. La vera castità comporta la rottura del cordone ombelicale, la presa di coscienza di un corpo sessuato, la volontà di incontrare l'altro nella differenza e nel rispetto dell' alterità: solo a queste condizioni possiamo pensare che il nostro corpo è tempio dello Spirito santo ed è un membro del corpo di Cristo. Non è un caso che sempre Paolo definisca la prostituzione un «prendere le membra di Cristo e farne membra di una prostituta» (cf. 1Cor 6,15), il che significa che chi si prostituisce o va a prostitute prostituisce Cristo e porta Cristo alla prostituzione: è forte, terribile questo pensiero di Paolo, ma è così! Castità è anche integrazione della sessualità nella persona, attraverso l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corpo e spirito. Essa comporta una disciplina, una padronanza di sé che è pedagogia alla vera libertà umana. Sì, c'è un'alternativa chiara: o 1'uomo domina le sue passioni oppure si lascia da esse alienare, rendere schiavo67. L'ascesi, la disciplina è sempre opera di libertà, e perciò di ordine e di bellezza.
Se questo è il solco all'interno del quale si situa l'infinito cammino per giungere ad apprendere l'arte di amare e di vivere la sessualità in modo maturo, tra gli strumenti più concreti per affrontare e vincere la lussuria va innanzitutto annoverata l'istanza di purificazione dell'immaginazione: occorre un'igiene dei pensieri, una lotta senza tregua per purificare il cuore e l'immaginazione da fantasie sessuali distorte, e così accedere alla percezione del mistero del corpo, il proprio e quello altrui. Va poi menzionata la capacità di assumere la solitudine e, insieme, rifuggire l'isolamento: solo una vita interiore profonda e ricca può infatti nutrire una vita di relazioni feconde e autentiche, all'insegna di un amore intelligente. Infine, proprio in tema di relazione va affrontato un discorso cruciale, anche se non facile da comprendere, quello del significato profondo della castità: «una cosa, infatti, è essere continente e un'altra cosa è essere casto68. Si può cioè praticare la sessualità, come fanno gli sposi, restando casti; d'altra parte, è possibile astenersi dall'esercizio della sessualità, eppure non essere casti. Chi fa voto di celibato, per esempio, dovrebbe sapere che con quell'atto sceglie di diventare casto, di dedicarsi senza tregua a un lavoro quotidiano che si nutre di agape e all'agape tende. In sintesi, la castità non sta alle nostre spalle come una virtù perduta, ma sempre ci precede, in qualunque stato noi ci troviamo. E questo perché ciò che si oppone alla castità - non lo si ripeterà mai abbastanza - è la relazionale fusionale, di cui l'atteggiamento di consumo sessuale è solo una variante: casto (castus) è colui che rifiuta l'incesto (in-castus), cioè la soppressione della distanza e dell'alterità di chi gli sta di fronte; è colui che ha compreso che «amare con purezza significa acconsentire alla distanza tra sé e la persona amata»69. Si ri¬cordi - ammonisce Cassiano - che «la castità non si sostiene con la vita austera: essa sussiste attraverso l'amore che ispira e le delizie che si gustano nella purezza stessa»70.
Certamente in questo lungo e faticoso cammino verso la castità, che sta sempre davanti a noi come telos, occorre acconsentire non al peccato, ma alla propria debolezza sì. Quello per la castità è un combattimento rude, continuo, e molte possono essere le cadute, ma bisogna non cedere mai alla mancanza di speranza; anzi, la misericordia di Dio sempre rinnovata sulle nostre cadute deve tenerci lontano da eccessi di sensi di colpa: «se il nostro cuore ci accusa, Dio è più grande del nostro cuore!» (cf. l Gv 3,20).
Dunque nel rapporto con il corpo e la sessualità occorre contrastare la vertigine che ci può cogliere fino ad accecarci. Proprio in questo rapporto l'apparizione dell'idolo è più che mai efficace e l'alienazione all'idolo è sempre frutto di una seduzione. Per contra¬stare la lussuria occorrono dunque relazioni in cui il primato sia accordato all'alterità, all'amore, alla volontà che l'amore sia amore fino alla morte. E sempre occorre fare memoria che il proprio corpo è dimora di Dio, è il vero tempio di Dio (cf. 1Cor 3,16; 2Cor 6,16).
62 II termine «fornicazione» deriva dal latino fornix, designante le volte delle stanze in cui le prostitute ricevevano i clienti; nella tradizione occidentale è quello che riassume in sé tutti i peccati connessi alla sfera sessuale.
63 Evagrio Pontico, Gli otto spiriti della malvagità 4.
64 Giovanni Climaco, La scala XIV, 32
65 J. Baudrillard, Della seduzione, SE, Milano 1997, pp. 37-45.
66 S. Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli, Milano 1996, p.24.
67 Cf. Catechismo della chiesa cattolica, §§ 1337-1345.
68 Cassiano, Istituzioni cenobitiche VI, 4.
69 S. Weil, La pesanteur et la grace, Plon, Paris 1948, p. 71.
70 Cassiano, Conferenze XII,10.
Riflessioni di gruppo
Il termine “lussuria” viene spesso associato a quello di “spudoratezza”. Nel contesto odierno si è oltremodo diffusa la tendenza di mostrare ogni singolo angolo della nostra intimità; paradossalmente però, si tende sempre a “chiudersi a riccio” quando si affronta il tema del “dolore”, rifiutando qualunque forma di sana condivisione.
La storia di ciascuna persona è scritta NEL CORPO: per noi cristiano esso costituisce un vero e proprio sacramento, accezione non molto condivisibile in un contesto culturale come quello contemporaneo.
Nel passato la dimensione della sessualità era vista con estrema diffidenza, spesso collegata alla lussuria. Tuttavia, in questi ultimi quarant’anni, a partire dal Concilio Vaticano II, i concetti di sessualità, piacere e rapporto uomo-donna vengono ora considerati in una prospettiva migliore.
Il nostro contesto culturale, d’altra parte, sembra non facilitare il rapporto sano con questa nostra dimensione naturale e spirituale: la nostra è la CULTURA DELL’IMMAGINE, in cui la dimensione più profonda dell’uomo non viene presa per nulla in considerazione. Ci viene offerta dai mass media e dal mercato un’immagine distorta della libertà sessuale, dimentica del fatto che, prima di tutto, “sessualità” implica il mio ESSERE IN RELAZIONE e la mia RESPONSABILITA’ verso me stesso e verso l’altro.
Nella dimensione della sessualità si dovrebbe riscoprire il cammino di accettazione di noi stessi, in modi e tempi diversi da persona a persona, e questo diventa evidente in particolare quando ci rapportiamo con chi è diverso da me, quando facciamo davvero i conti con l’alterità.
Nella società odierna il nostro corpo sembra essere invece mercificato e pubblicizzato oltre ogni decoro, ridotto a mero oggetto di consumo.
Ma allora, perché siamo dotati di un corpo, una mente e un cuore? Forse, per essere più completi e disponibili alla relazione con l’altro, all’apprezzamento della bellezza che ci circonda e che è in noi, alla conoscenza dell’amore di chi ama e si sente a sua volta amato.
Nella tradizione biblica, alla dimensione della sessualità e dell’amore vengono spesso associati i concetti di “ascolto” e “accoglienza”.
Dio accoglie anche chi è completamente perduto, ama la nostra umanità seppur costellata da limiti e fragilità; tutto ciò che è cristiano deve essere dunque a favore dell’umanizzazione, e i nostri valori devono essere i valori dell’uomo, che non separano l’anima celeste dal nostro corpo di terra.
Scritto da Giulia il settembre 27 2011 19:18:22
La sessualità è presente in ogni manifestazione della vita, ma resta vero che la sua prima conoscenza da parte del bambino avviene contemporaneamente alla scoperta progressiva di sé e della differenza nella relazione con gli altri. Quando emerge la sessualità, ossia la relazione con il proprio corpo e con quello degli altri, allora è anche possibile la deformazione, la deviazione. L'eros è chiamato alla relazione, ma se quest'ultima è negata, il sesso si deforma in lussuria, in porneía, in fornicazione', patologia strettamente connessa alla gastrimarghía, perché la voracità di cibo e quella sessuale affondano le radici nello stesso terreno: «l'ingordigia è madre della lussuria»63; significativamente Giovanni Climaco mette in bocca all'ingordigia personificata questa dichiarazione: «Mia figlia primogenita è la lussuria»64 Come l'ingordigia, anche la lussuria è un vizio del corpo in cui sono coinvolti tutti e cinque i sensi, attraverso una preparazione che inizia noimalmente con la vista, l'odorato, l'udito, e si conclude con la gola e il tatto. Tuttavia la parola di Gesù già ricordata - «Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni... adultèri... impudicizia» (Mc 7,21-22) - ha reso coscienti che anche la lussuria è un vizio dell'anima, nasce dal cuore e va combattuta con la purificazione del cuore! Ingordigia e lussuria sono passioni che indicano uno sviamento della percezione e un conseguente atteggiamento che porta a ricercare il piacere per se stesso, il godimento fisico avulso dallo scopo al quale è legato.
Chi è preda della lussuria, come si è detto, assolutizza la propria pulsione e nega la relazione con l'altro: la porneía consiste infatti in una scissione della personalità del soggetto, in un ripiegamento su di sé in cui l'altro è ridotto a un oggetto del proprio desiderio deviato, e dunque in una cosificazione dell'altro. Le pulsioni erotiche, non più ordinate e armonizzate nella totalità della persona, sfogano la propria natura caotica e selvaggia, fino a sommergere l'altro, indotto nella fantasia o nella realtà - quasi sempre con prepotenza - all'atto sessuale. In altre parole, la lussuria si manifesta là dove il piacere sessuale è incapace di sottostare alle elementari regole della dignità propria e altrui. Il piacere è nell'uomo godimento del mondo, e il corpo dell'uomo è per l'uomo stesso fonte di piacere, in particolare del piacere sessuale, che per sua natura tende all'eccesso, fino all'estasi, all'uscita da se stessi. Proprio per questo è necessaria una disciplina del sesso, una faticosa purificazione degli istinti, una unificazione del piacere con la relazione e la fecondità. Se non si accede a tale disciplina, l'eros è ridotto alla genitalità o al piacere, con la conseguenza che al posto del dono c'è il possesso e che l'attrazione diventa violenza: così l'unità del corpo e della psiche viene tragicamente spezzata, e, quel che è ancora più grave, l'altro finisce per essere cosificato, trasformato da soggetto di relazione a mero oggetto di consumo, a elemento feticistico.
Ecco perché - come nota acutamente Jean Baudrillard - la produzione pornografica evita di inquadrare il volto dei soggetti in causa, ma si limita nella maggior parte dei casi a mostrare i dettagli genitali: in tal modo, essa intende fornire l'impressione del dominio, del possesso dell'altro, ridotto addirittura a una sola parte del suo corpo65...
Eppure questa passione nasce nello spazio della sessualità voluta da Dio, il quale, nell'atto di creare l'uomo e la donna, «li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi"» (Gen 1,28). Il desiderio sessuale è santo, è un invito a un cammino verso la comunione tra uomo e donna; e il piacere che è connesso al suo soddisfacimento è santo, ma può deformarsi in relazioni ripiegate su se stesse e in eccessi segnati da una terribile aggressività. E qui va detto con chiarezza: il piacere sessuale è un fenomeno complesso, che non riguarda solo la genitalità e l'orgasmo, ma la persona intera, con tutti i suoi sensi. Esso è l'epifania del dono di sé all'altro, è il coronamento dell'unione e, come tale, è inscritto nella storia di un uomo e di una donna: appare nella pubertà ed è accompagnato dalla fecondità, per poi conoscere una stagione di diminuzione, fino alla sua estinzione... Al contrario, la porneía consiste nell'intendere il piacere come qualcosa che è scisso dai soggetti, dalla loro storia d'amore, ed è perciò una ferita inferta a se stessi, all'altro e, in definitiva, a quel Dio di cui l'essere umano è immagine (cf. Gen 1,26-27). Insomma, «la sessualità diventa cattiva qualora si separi il corpo dalla persona, perché il sesso separato dalla persona degenera: trapassa in aridità, diviene ossessiva ripetizione»66. Ridotta all'erotismo, l'energia sessuale frammenta, divide, dissipa il soggetto, mentre quando è rivolta all'amore, alla comunicazione, alla re¬lazione, cioè alla storia d'amore, diviene unificante. L'amore, che è dono di sé e accoglienza dell'altro, è smentito radicalmente dalla lussuria, che vuole il possesso dell'altro: così il rapporto sessuale, che dovrebbe essere un «linguaggio altro», sempre accompagnato dalla parola ma anche eccedente la parola stessa, diventa la morte del linguaggio, della comunicazione, impedendo di fatto ogni comunione.
Occorre anche ammettere che il contesto culturale in cui oggi viviamo, costruito ad arte dai mass media e sfruttato dalla pubblicità, è quello di un universo erotizzato: la nostra è una società in cui l'unica realtà non oscena è quella dell'erotismo, al punto che è ormai impossibile evitare di imbattersi in immagini erotiche, le quali si imprimono nella nostra mente, per riemergere poi al tempo opportuno e stimolare le nostre fantasie perverse. Così si erotizzano le merci da vendere e si mercificano i corpi! Come impedire allo sguardo di incrociare queste immagini seducenti, pensate e create proprio per avere una forte capacità di penetrazione, per restare impresse nella memoria? Una via elementare per reagire a tale clima che si respira è quella di riflettere sul fatto che, come l'ingordigia, anche la lussuria toglie la libertà: chi ne è schiavo finisce per asservirsi all'idolo del piacere sessuale, che lo ossessiona e crea in lui una pericolosa dipendenza. Chi è preda della porneía è come malato di bulimia dell'altro, lo cosifica, re¬almente nella prestazione sessuale o virtualmente nell'immaginazione. A questo proposito, è interessante notare che oggi si assiste al fenomeno sempre più diffuso di persone maggiormente tentate da una lussuria interiore che non da rapporti sessuali veri e propri; come non interrogarsi di fronte al paradosso di un invecchiamento precoce dei sensi, al fenomeno di persone tanto inclini all'eros virtuale quanto segnate da un «libidogramma piatto»?
Tornando alla radice della questione, possiamo affermare che la vera perversione in atto nella porneía è quella che concerne tre possibili derive della sessualità: la fusione, la focalizzazione su di sé, il rifiuto della differenza. Tre dimensioni che inducono a concepire l'altro come semplice possibilità di incontro sessuale, come mera occasione di piacere erotico, senza riconoscimento della distanza e dell'alterità. Non si dimentichi che si comincia a essere preda della lussuria con lo sguardo; non a caso si usano espressioni come «spogliare una persona con gli occhi». C'è un modo di guardare, il guardare con voracità, che è già acconsentimento alla tentazione, è già affermazione di possesso dell'altro. Chi non conosce l'ascesi dello sguardo e dell'ascolto (mi riferisco a un certo tipo di linguaggio intriso di doppi sensi), e attraverso di essa l'ascesi dell'immaginazione, facilmente cade preda della lussuria...
Proprio qui si innesta anche una riflessione cristiana su questo secondo «pensiero» e sulla sua possibile terapia. «Chiunque guarda una donna con concupiscenza ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore» (Mt 5,28): così ha messo in guardia Gesù, con parole che nella loro nettezza non abbisognano di commento... Egli ha anche detto: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8), per indicare che solo la percezione del mistero dell'altro può aprire al dono della conoscenza di Dio. Non è possibile pensare di «vedere Dio», se non si è imparato a vedere l'altro nella sua verità, cioè come soggetto e destinatario del rispetto e dell'amore. Solo chi fa esperienza dell'altro nella verità, può anche fare esperienza di Dio, il tre volte Altro (cf. Is 6,3), nella verità, perché «chi non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20)!
Proseguendo in questa direzione Paolo potrà scrivere ai cristiani di Corinto: «Il corpo non è per la porneía, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo... Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?» (1Cor 6,13.19). La castità infatti, come vedremo più avanti, è rifiuto dell'incesto, cioè rispetto radicale dell'alterità e della differenza, e, di conseguenza, rifiuto della fusione, della coincidenza, dell'assorbimento dell'altro e nell'altro. La vera castità comporta la rottura del cordone ombelicale, la presa di coscienza di un corpo sessuato, la volontà di incontrare l'altro nella differenza e nel rispetto dell' alterità: solo a queste condizioni possiamo pensare che il nostro corpo è tempio dello Spirito santo ed è un membro del corpo di Cristo. Non è un caso che sempre Paolo definisca la prostituzione un «prendere le membra di Cristo e farne membra di una prostituta» (cf. 1Cor 6,15), il che significa che chi si prostituisce o va a prostitute prostituisce Cristo e porta Cristo alla prostituzione: è forte, terribile questo pensiero di Paolo, ma è così! Castità è anche integrazione della sessualità nella persona, attraverso l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corpo e spirito. Essa comporta una disciplina, una padronanza di sé che è pedagogia alla vera libertà umana. Sì, c'è un'alternativa chiara: o 1'uomo domina le sue passioni oppure si lascia da esse alienare, rendere schiavo67. L'ascesi, la disciplina è sempre opera di libertà, e perciò di ordine e di bellezza.
Se questo è il solco all'interno del quale si situa l'infinito cammino per giungere ad apprendere l'arte di amare e di vivere la sessualità in modo maturo, tra gli strumenti più concreti per affrontare e vincere la lussuria va innanzitutto annoverata l'istanza di purificazione dell'immaginazione: occorre un'igiene dei pensieri, una lotta senza tregua per purificare il cuore e l'immaginazione da fantasie sessuali distorte, e così accedere alla percezione del mistero del corpo, il proprio e quello altrui. Va poi menzionata la capacità di assumere la solitudine e, insieme, rifuggire l'isolamento: solo una vita interiore profonda e ricca può infatti nutrire una vita di relazioni feconde e autentiche, all'insegna di un amore intelligente. Infine, proprio in tema di relazione va affrontato un discorso cruciale, anche se non facile da comprendere, quello del significato profondo della castità: «una cosa, infatti, è essere continente e un'altra cosa è essere casto68. Si può cioè praticare la sessualità, come fanno gli sposi, restando casti; d'altra parte, è possibile astenersi dall'esercizio della sessualità, eppure non essere casti. Chi fa voto di celibato, per esempio, dovrebbe sapere che con quell'atto sceglie di diventare casto, di dedicarsi senza tregua a un lavoro quotidiano che si nutre di agape e all'agape tende. In sintesi, la castità non sta alle nostre spalle come una virtù perduta, ma sempre ci precede, in qualunque stato noi ci troviamo. E questo perché ciò che si oppone alla castità - non lo si ripeterà mai abbastanza - è la relazionale fusionale, di cui l'atteggiamento di consumo sessuale è solo una variante: casto (castus) è colui che rifiuta l'incesto (in-castus), cioè la soppressione della distanza e dell'alterità di chi gli sta di fronte; è colui che ha compreso che «amare con purezza significa acconsentire alla distanza tra sé e la persona amata»69. Si ri¬cordi - ammonisce Cassiano - che «la castità non si sostiene con la vita austera: essa sussiste attraverso l'amore che ispira e le delizie che si gustano nella purezza stessa»70.
Certamente in questo lungo e faticoso cammino verso la castità, che sta sempre davanti a noi come telos, occorre acconsentire non al peccato, ma alla propria debolezza sì. Quello per la castità è un combattimento rude, continuo, e molte possono essere le cadute, ma bisogna non cedere mai alla mancanza di speranza; anzi, la misericordia di Dio sempre rinnovata sulle nostre cadute deve tenerci lontano da eccessi di sensi di colpa: «se il nostro cuore ci accusa, Dio è più grande del nostro cuore!» (cf. l Gv 3,20).
Dunque nel rapporto con il corpo e la sessualità occorre contrastare la vertigine che ci può cogliere fino ad accecarci. Proprio in questo rapporto l'apparizione dell'idolo è più che mai efficace e l'alienazione all'idolo è sempre frutto di una seduzione. Per contra¬stare la lussuria occorrono dunque relazioni in cui il primato sia accordato all'alterità, all'amore, alla volontà che l'amore sia amore fino alla morte. E sempre occorre fare memoria che il proprio corpo è dimora di Dio, è il vero tempio di Dio (cf. 1Cor 3,16; 2Cor 6,16).
62 II termine «fornicazione» deriva dal latino fornix, designante le volte delle stanze in cui le prostitute ricevevano i clienti; nella tradizione occidentale è quello che riassume in sé tutti i peccati connessi alla sfera sessuale.
63 Evagrio Pontico, Gli otto spiriti della malvagità 4.
64 Giovanni Climaco, La scala XIV, 32
65 J. Baudrillard, Della seduzione, SE, Milano 1997, pp. 37-45.
66 S. Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli, Milano 1996, p.24.
67 Cf. Catechismo della chiesa cattolica, §§ 1337-1345.
68 Cassiano, Istituzioni cenobitiche VI, 4.
69 S. Weil, La pesanteur et la grace, Plon, Paris 1948, p. 71.
70 Cassiano, Conferenze XII,10.
Riflessioni di gruppo
Il termine “lussuria” viene spesso associato a quello di “spudoratezza”. Nel contesto odierno si è oltremodo diffusa la tendenza di mostrare ogni singolo angolo della nostra intimità; paradossalmente però, si tende sempre a “chiudersi a riccio” quando si affronta il tema del “dolore”, rifiutando qualunque forma di sana condivisione.
La storia di ciascuna persona è scritta NEL CORPO: per noi cristiano esso costituisce un vero e proprio sacramento, accezione non molto condivisibile in un contesto culturale come quello contemporaneo.
Nel passato la dimensione della sessualità era vista con estrema diffidenza, spesso collegata alla lussuria. Tuttavia, in questi ultimi quarant’anni, a partire dal Concilio Vaticano II, i concetti di sessualità, piacere e rapporto uomo-donna vengono ora considerati in una prospettiva migliore.
Il nostro contesto culturale, d’altra parte, sembra non facilitare il rapporto sano con questa nostra dimensione naturale e spirituale: la nostra è la CULTURA DELL’IMMAGINE, in cui la dimensione più profonda dell’uomo non viene presa per nulla in considerazione. Ci viene offerta dai mass media e dal mercato un’immagine distorta della libertà sessuale, dimentica del fatto che, prima di tutto, “sessualità” implica il mio ESSERE IN RELAZIONE e la mia RESPONSABILITA’ verso me stesso e verso l’altro.
Nella dimensione della sessualità si dovrebbe riscoprire il cammino di accettazione di noi stessi, in modi e tempi diversi da persona a persona, e questo diventa evidente in particolare quando ci rapportiamo con chi è diverso da me, quando facciamo davvero i conti con l’alterità.
Nella società odierna il nostro corpo sembra essere invece mercificato e pubblicizzato oltre ogni decoro, ridotto a mero oggetto di consumo.
Ma allora, perché siamo dotati di un corpo, una mente e un cuore? Forse, per essere più completi e disponibili alla relazione con l’altro, all’apprezzamento della bellezza che ci circonda e che è in noi, alla conoscenza dell’amore di chi ama e si sente a sua volta amato.
Nella tradizione biblica, alla dimensione della sessualità e dell’amore vengono spesso associati i concetti di “ascolto” e “accoglienza”.
Dio accoglie anche chi è completamente perduto, ama la nostra umanità seppur costellata da limiti e fragilità; tutto ciò che è cristiano deve essere dunque a favore dell’umanizzazione, e i nostri valori devono essere i valori dell’uomo, che non separano l’anima celeste dal nostro corpo di terra.
Scritto da Giulia il settembre 27 2011 19:18:22