L’incontro è iniziato con la seguente domanda:
Cosa di fatto ci fa sperare? Quali elementi della nostra vita sono per noi motivo di speranza?
a cui sono state date le seguenti risposte:
Il fatto che nella vita a tutto si può porre rimedio.
Il fatto che nessun momenti negativo ci ha mai fermato ed i momenti successivi hanno permesso di ritrovare il filo della propria vita.
La certezza che Dio ha un progetto più grande, che va oltre al proprio problema.
L’amore.
A volte la presenza delle persone ed il ricordo di quelle che non ci sono più; altre volte la fiducia in sè stessi.
La fiducia in sè stessi e negli altri.
La preghiera.
La vita stessa.
Pensare alle storie di altri che hanno vissuto momenti bui, ma che hanno ritrovato il sorriso.
La ciclicità della vita e la consapevolezza di un disegno superiore che supera gli alti ed i bassi.
Quindi abbiamo letto la lettera di S. Paolo hai Romani (8, 14-39).
Da essa emerge la sensazione di un uomo, Paolo, che spera sulla base di un’esperienza personale.
La prima parte della lettera sottolinea l’essenza di chi sta parlando: Paolo si sente figlio di Dio, ha fatto l’esperienza di Dio come padre, rapporto molto diverso da quello con gli dei delle altre religioni del tempo.
Nella seconda parte traccia il cammino di chi fa questa esperienza: chi si sente figlio di Dio, soffre e fatica, non viene eliminata la sofferenza solo in virtù di questo rapporto. Questo perchè si avverte lo scarto tra l’esperienza personale e le promesse di salvezza; l’uomo vive il suo limite, sì è proiettati verso la pienezza, ma non si riesce a farne mai un’esperienza completa. Rispetto a questa situazione, la soluzione è vivere nella speranza: ”Poichè nella speranza siamo stati salvati”. Al crescere della fede questa speranza diviene certezza: ”Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”.
Nell’ultima parte del brano, la speranza cristiana viene delineata come relazione d’amore e si gioca quindi nella misura in cui noi viviamo la relazione con Dio e ci fidiamo di lui.
Questi concetti sono stati approfonditi anche con la lettura dell’enciclica “Spe salvi”.
In essa si afferma che la vita secondo Cristo non è più una vita dominata dalle leggi della natura, dagli elementi del cosmo: al di sopra di tutto c’è una volontà personale, che in Gesù si è rivelato come Amore, che ha stabilito con l’uomo una relazione. Come già diceva S. Paolo, non siamo esenti dalla sofferenza e dalla morte, ma credendo in Dio cambia la nostra prospettiva verso di esse, poichè si ha la consapevolezza di qualcuno che ci accompagna anche verso la morte e ci dà sicurezza anche dove la nostra limitata ragione si incarta.
Si è avviato quindi un momento di condivisione, dove ci siamo chiesti se queste sono esperienze reali della nostra vita.
Per quanto riguarda il rapporto personale Dio - uomo, è stato osservato che come l’amicizia con una persona va curata con il dialogo e l’attenzione, anche per il rapporto con Dio valgono le stesse cose: più lo si prega, più lo si sente vicino; altrimenti il rapporto vacilla. Questo capita anche quando si smette di sperare (da notare che nella Bibbia fede e speranza sono usati spesso come sinonimi).
Certo non è sempre facile: anche santi e mistici hanno dovuto affrontare periodo di buio interiore in cui non riuscivano ad avvertire la presenza di Dio. Forse queste prove sono necessarie proprio per non dare mai per scontato questo legame, dato che spesso si comprende l’importanza di una cosa quando essa viene a mancare.
La sofferenza di cui si accennava prima può anche essere vista come un aiuto a trarre speranza innanzi tutto dalle piccole cose, imparando a non essere superficiali; ad esempio S. Agostino parla del dolore come di una purificazione del nostro animo ed un’imparare a chiedere le cose per cui siamo stati creati veramente, senza soffermarci sulle cose materiali e sulle nostre “menzogne segrete”.
Scritto da nicolo il dicembre 16 2007 13:29:05
Cosa di fatto ci fa sperare? Quali elementi della nostra vita sono per noi motivo di speranza?
a cui sono state date le seguenti risposte:
Il fatto che nella vita a tutto si può porre rimedio.
Il fatto che nessun momenti negativo ci ha mai fermato ed i momenti successivi hanno permesso di ritrovare il filo della propria vita.
La certezza che Dio ha un progetto più grande, che va oltre al proprio problema.
L’amore.
A volte la presenza delle persone ed il ricordo di quelle che non ci sono più; altre volte la fiducia in sè stessi.
La fiducia in sè stessi e negli altri.
La preghiera.
La vita stessa.
Pensare alle storie di altri che hanno vissuto momenti bui, ma che hanno ritrovato il sorriso.
La ciclicità della vita e la consapevolezza di un disegno superiore che supera gli alti ed i bassi.
Quindi abbiamo letto la lettera di S. Paolo hai Romani (8, 14-39).
Da essa emerge la sensazione di un uomo, Paolo, che spera sulla base di un’esperienza personale.
La prima parte della lettera sottolinea l’essenza di chi sta parlando: Paolo si sente figlio di Dio, ha fatto l’esperienza di Dio come padre, rapporto molto diverso da quello con gli dei delle altre religioni del tempo.
Nella seconda parte traccia il cammino di chi fa questa esperienza: chi si sente figlio di Dio, soffre e fatica, non viene eliminata la sofferenza solo in virtù di questo rapporto. Questo perchè si avverte lo scarto tra l’esperienza personale e le promesse di salvezza; l’uomo vive il suo limite, sì è proiettati verso la pienezza, ma non si riesce a farne mai un’esperienza completa. Rispetto a questa situazione, la soluzione è vivere nella speranza: ”Poichè nella speranza siamo stati salvati”. Al crescere della fede questa speranza diviene certezza: ”Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”.
Nell’ultima parte del brano, la speranza cristiana viene delineata come relazione d’amore e si gioca quindi nella misura in cui noi viviamo la relazione con Dio e ci fidiamo di lui.
Questi concetti sono stati approfonditi anche con la lettura dell’enciclica “Spe salvi”.
In essa si afferma che la vita secondo Cristo non è più una vita dominata dalle leggi della natura, dagli elementi del cosmo: al di sopra di tutto c’è una volontà personale, che in Gesù si è rivelato come Amore, che ha stabilito con l’uomo una relazione. Come già diceva S. Paolo, non siamo esenti dalla sofferenza e dalla morte, ma credendo in Dio cambia la nostra prospettiva verso di esse, poichè si ha la consapevolezza di qualcuno che ci accompagna anche verso la morte e ci dà sicurezza anche dove la nostra limitata ragione si incarta.
Si è avviato quindi un momento di condivisione, dove ci siamo chiesti se queste sono esperienze reali della nostra vita.
Per quanto riguarda il rapporto personale Dio - uomo, è stato osservato che come l’amicizia con una persona va curata con il dialogo e l’attenzione, anche per il rapporto con Dio valgono le stesse cose: più lo si prega, più lo si sente vicino; altrimenti il rapporto vacilla. Questo capita anche quando si smette di sperare (da notare che nella Bibbia fede e speranza sono usati spesso come sinonimi).
Certo non è sempre facile: anche santi e mistici hanno dovuto affrontare periodo di buio interiore in cui non riuscivano ad avvertire la presenza di Dio. Forse queste prove sono necessarie proprio per non dare mai per scontato questo legame, dato che spesso si comprende l’importanza di una cosa quando essa viene a mancare.
La sofferenza di cui si accennava prima può anche essere vista come un aiuto a trarre speranza innanzi tutto dalle piccole cose, imparando a non essere superficiali; ad esempio S. Agostino parla del dolore come di una purificazione del nostro animo ed un’imparare a chiedere le cose per cui siamo stati creati veramente, senza soffermarci sulle cose materiali e sulle nostre “menzogne segrete”.
Scritto da nicolo il dicembre 16 2007 13:29:05