Abbiamo avuto come ospite la Professoressa Amina Crisma, docente di sinologia presso il nostro Ateneo.
Le due massime religioni tradizionali cinesi, corrispondenti alle più importanti filosofie orientali: Confucianesimo (scuola dei letterati o classicisti) e Taoismo, entrambe accomunate dal fatto di mancare di un impianto teologico (caratteristico della religione cristiana).
Il carattere fondamentale del Confucianesimo è il senso della sacralità del vincolo solidale tra gli uomini; riconoscersi figli è centrale. Non ci sono divinità, né tanto meno un Dio.
Il Taoismo è invece comunione mistica con il cosmo, inteso come totalità degli esseri. Predica di ritornare alla semplicità, di mettersi all’unisono con il cosmo; Tao può essere interpretato come la Natura che genera tutti gli esseri.
Di queste due filosofie abbiamo approfondito la prima, leggendo e commentando dei passi tratti dai Dialoghi di Confucio.
Questi testi vengono scritti tra il V ed il III secolo a.C. in un momento in cui la Cina si vede lacerata da violente guerre fratricide tra gli stati che poi andranno a formare l’impero cinese. Proprio in questo clima di violenza assoluta, che vede contrapporsi anche fratelli di sangue, nasce l’esigenza di rifondare l’armonia, di ritrovare il senso dei legami. Infatti il fulcro del confucianesimo è la parola “ren”, traducibile con amore, inteso verso l’umanità intera; la dimensione sociale è infatti costitutiva dell’uomo, che fin dalla nascita è frutto di una relazione tra due uomini. Compito dell’uomo è rendersene conto e perfezionare continuamente la propria umanità. In tale prospettiva si esprime la fiducia radicale nella perfettibilità dell’essere umano: perciò tutti gli uomini possono divenire santi o uomini di valore, anche se poi non tutti riescono a divenirlo.
Leggendo l’incipit dei Dialoghi vi sono alcune parole da sottolineare:
apprendere: si fa riferimento innanzitutto all’importanza della cultura, dello studio come mezzo per giungere a questa perfezione, per puntare al bene. Divenendo più umani gli uomini diventano capaci di relazioni umane
amicizia: che sottolinea proprio l’importanza delle relazioni umane
non lodare il successo: l’uomo saggio è capace di moderarsi, il suo valore è la nobiltà spirituale. E’ uomo di valore, e non dappoco, perché sa inseguire ciò che conta realmente.
Come detto precedentemente, non ci sono divinità: anzi in un passo dei Dialoghi il maestro esorta il discepolo a non preoccuparsi di onorare gli spiriti, ma piuttosto di onorare gli uomini. C’è comunque un senso del sacro e del mistero, individuato nel Cielo. Ad esso anche il potere più alto, quello del sovrano, si deve inchinare; esso garantisce l’uguaglianza e la fratellanza di tutti gli uomini, poiché tutti sono sotto il cielo.
Proseguendo nella lettura si chiarisce il significato di “ren”: ad un discepolo che cerca una parola in grado di guidare la condotta della vita intera, il maestro Confucio risponde indicando la mansuetudine, ovvero non fare agli altri ciò che non si vuole sia fatto a noi stessi (regola aurea). In questo modo si concretizza l’amore verso gli uomini; detto anche sollecitudine, altruismo, si concretizza innanzitutto non verso un prossimo astratto, ma nelle relazioni più vicine. Per l’uomo che vive nella sua vita l’amore per gli altri, gli altri uomini divengono tutti fratelli.
Spesso si è intesa questa “mansuetudine” come remissività, accettazione di tutto, anche dei soprusi; soprattutto perchè si enfatizza sulla sacralità della gerarchia di anzianità, sul rapporto maestro-discepolo, padre-figlio. In realtà Confucio predica una mansuetudine “attiva”, nel senso che diventa un dovere morale disobbedire (dovere di rimostranza) se il potere diventa un abuso, ossia se non è più legato al senso di responsabilità e guidato da principi di giustizia, perché l’uomo che lo detiene dimentica il rispetto del fato/destino e della norma di giustizia del cielo e sceglie l’arroganza e la violenza, dimenticando di essere piccolo, quindi sotto il cielo.
I primi scopritori e divulgatori del pensiero confuciano furono i missionari gesuiti, che spesso ne studiarono i punti di convergenza tra la tradizione cristiana, con cui si hanno somiglianze dal punto di vista dell’etica. Punti che potrebbero essere di partenza anche per il dibattito interculturale moderno.
Scritto da nicolo il novembre 30 2007 00 :08:03
Le due massime religioni tradizionali cinesi, corrispondenti alle più importanti filosofie orientali: Confucianesimo (scuola dei letterati o classicisti) e Taoismo, entrambe accomunate dal fatto di mancare di un impianto teologico (caratteristico della religione cristiana).
Il carattere fondamentale del Confucianesimo è il senso della sacralità del vincolo solidale tra gli uomini; riconoscersi figli è centrale. Non ci sono divinità, né tanto meno un Dio.
Il Taoismo è invece comunione mistica con il cosmo, inteso come totalità degli esseri. Predica di ritornare alla semplicità, di mettersi all’unisono con il cosmo; Tao può essere interpretato come la Natura che genera tutti gli esseri.
Di queste due filosofie abbiamo approfondito la prima, leggendo e commentando dei passi tratti dai Dialoghi di Confucio.
Questi testi vengono scritti tra il V ed il III secolo a.C. in un momento in cui la Cina si vede lacerata da violente guerre fratricide tra gli stati che poi andranno a formare l’impero cinese. Proprio in questo clima di violenza assoluta, che vede contrapporsi anche fratelli di sangue, nasce l’esigenza di rifondare l’armonia, di ritrovare il senso dei legami. Infatti il fulcro del confucianesimo è la parola “ren”, traducibile con amore, inteso verso l’umanità intera; la dimensione sociale è infatti costitutiva dell’uomo, che fin dalla nascita è frutto di una relazione tra due uomini. Compito dell’uomo è rendersene conto e perfezionare continuamente la propria umanità. In tale prospettiva si esprime la fiducia radicale nella perfettibilità dell’essere umano: perciò tutti gli uomini possono divenire santi o uomini di valore, anche se poi non tutti riescono a divenirlo.
Leggendo l’incipit dei Dialoghi vi sono alcune parole da sottolineare:
apprendere: si fa riferimento innanzitutto all’importanza della cultura, dello studio come mezzo per giungere a questa perfezione, per puntare al bene. Divenendo più umani gli uomini diventano capaci di relazioni umane
amicizia: che sottolinea proprio l’importanza delle relazioni umane
non lodare il successo: l’uomo saggio è capace di moderarsi, il suo valore è la nobiltà spirituale. E’ uomo di valore, e non dappoco, perché sa inseguire ciò che conta realmente.
Come detto precedentemente, non ci sono divinità: anzi in un passo dei Dialoghi il maestro esorta il discepolo a non preoccuparsi di onorare gli spiriti, ma piuttosto di onorare gli uomini. C’è comunque un senso del sacro e del mistero, individuato nel Cielo. Ad esso anche il potere più alto, quello del sovrano, si deve inchinare; esso garantisce l’uguaglianza e la fratellanza di tutti gli uomini, poiché tutti sono sotto il cielo.
Proseguendo nella lettura si chiarisce il significato di “ren”: ad un discepolo che cerca una parola in grado di guidare la condotta della vita intera, il maestro Confucio risponde indicando la mansuetudine, ovvero non fare agli altri ciò che non si vuole sia fatto a noi stessi (regola aurea). In questo modo si concretizza l’amore verso gli uomini; detto anche sollecitudine, altruismo, si concretizza innanzitutto non verso un prossimo astratto, ma nelle relazioni più vicine. Per l’uomo che vive nella sua vita l’amore per gli altri, gli altri uomini divengono tutti fratelli.
Spesso si è intesa questa “mansuetudine” come remissività, accettazione di tutto, anche dei soprusi; soprattutto perchè si enfatizza sulla sacralità della gerarchia di anzianità, sul rapporto maestro-discepolo, padre-figlio. In realtà Confucio predica una mansuetudine “attiva”, nel senso che diventa un dovere morale disobbedire (dovere di rimostranza) se il potere diventa un abuso, ossia se non è più legato al senso di responsabilità e guidato da principi di giustizia, perché l’uomo che lo detiene dimentica il rispetto del fato/destino e della norma di giustizia del cielo e sceglie l’arroganza e la violenza, dimenticando di essere piccolo, quindi sotto il cielo.
I primi scopritori e divulgatori del pensiero confuciano furono i missionari gesuiti, che spesso ne studiarono i punti di convergenza tra la tradizione cristiana, con cui si hanno somiglianze dal punto di vista dell’etica. Punti che potrebbero essere di partenza anche per il dibattito interculturale moderno.
Scritto da nicolo il novembre 30 2007 00 :08:03