Mercoledì 30 ottobre 2013, ore 18.30
Percorso spirituale
Tema: Lettere di San Paolo
Il gruppo ha accolto per la riunione don Andrea Albertin, assistente durante l’assenza di don Marco Barcaro, e della federazione il presidente nazionale Stefano Nannini e la vicepresidente nazionale Elena Ovidi; in seguito i presidenti hanno invitato tutti i membri a presentarsi.
Dal passo Fil 3, 4-6 ha elencato direttamente con le parole di San Paolo la descrizione che il santo fa di sé sulla sua vita: l’essere ebreo di diaspora, circonciso all’ottavo giorno, appartenente alla stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, figlio di ebrei, fariseo e la persecutore della Chiesa sono sette caratteristiche esteriori per “riporre fiducia nella propria carne” che lo difendono dalle accuse della comunità, perché lo raffigurano come un uomo giusto e dall’alto ideale etico, osservante e convinto delle tradizioni, conoscitore delle Sacre Scritture. Dal passo Gal 1, 11-17 ha fatto emergere i passaggi per il suo cambiamento nel rapporto con Dio: l’accanimento nella tradizione dei padri, la gratuità della sua scelta fin dalla nascita, la rivelazione di Gesù.
San Paolo viveva secondo le prescrizioni ed interpretazioni umane della Sacra Scrittura e si è sempre comportato secondo la legge: non ha da questo punto di vista senso parlare di “conversione”, poiché non ha messo in dubbio la sua fede. Il testo parla di “chiamata”: non nel senso della marionetta nel disegno divino, ma nel senso che è stato scelto, amato con gratuità assoluta e senza riconoscenza alcuna. San Paolo ha osservato e riflettuto con i cristiani sul significato e sull’effetto che Gesù ha sulla vita di chi credeva in Lui. Per l’appunto lui non Lo ha incontrato, non ha avuto un’apparizione o una visione, ma una rivelazione, cioè Cristo si è mostrato e si è nascosto accendendo in lui una luce, un desiderio. Il Signore gli ha fatto intuire una direzione nuova, non ha compromesso il suo modo di pensare. Infatti non è la resurrezione, fatto in cui i farisei credono, che lo ha sconvolto, quanto il fatto che questa sia avvenuta dopo la morte in croce, considerata maledizione per un uomo: quale il motivo allora della morte in croce di un uomo giusto? Questo è stato il punto che può avergli fatto pensare che potesse essere il Messia e il sistema religioso di San Paolo è stato rimesso in analisi alla luce delle sacre scritture. La sua conversione può essere più letta dall’intuizione che lui ha del rapporto con Dio, perché non è il “fare” dell’ebreo scrupoloso che lo giustifica, ma che la sua salvezza, che è tutto ciò che di buono Gesù può dare nella vita, avviene con la “relazione” con Dio ed è pura grazia.
Infine don Andrea ha lanciato delle provocazioni per un cammino spirituale personale:
-Ho mai incontrato Gesù nella mia vita? Quando? In che modo? (e ha consigliato di utilizzare il criterio di valutare i frutti che questo ha portato nella vita)
-Che rapporto vivo con Dio? Cosa faccio per lui? Vivo la pratica attendendo un premio?
-Che immagine di Dio ho? Quella di un Dio per cui fare sacrifici o di un Dio che si è sacrificato per me? Cosa si forma nel mio cuore pensando a Lui?
In seguito c’è stato spazio per le domande da parte del gruppo.
Filippo ha chiesto il perché la figura di San Paolo è così importante e se questa è motivata dal suo “mettersi in discussione”. Don Andrea risponde dicendo che la figura dell’ “intellettuale onesto” non è attribuibile a San Paolo, perché la “fede impastava la vita delle persone” e non è pensabile una categoria come quelle attuali: era naturale riflettere sulla fede al tempo di San Paolo.
Lucio chiede il significato dell’essere “scelto fin dal seno materno”: i giorni trascorsi in vita sono interpretabili come inutili alla luce della chiamata o come oggetto del perdono delle colpe?
La gratuità è il centro dell’argomentazione, dice don Andrea, e non le azioni compiute. Dire “scelto” equivale a “salvato”, poiché in Gesù non bisogna fare nulla per esserlo, ma Lui è morto e risorto per noi a prescindere. L’essere buoni non dipende dalla possibilità che Dio dia la salvezza, poiché essa è un dono. La fede cristiana chiede di “vivere da salvati”, non di correggere ciò che in noi è nato male, poiché non ci è chiesto di aggrapparci alla fede per resisterci, ma siamo già salvati e in cammino verso la pienezza. Nella lettera ai Romani, San Paolo tocca anche il tema del corpo e dello Spirito, il quale abita le persone e muove all’essere appunto buoni.
Michele chiede invece il significato della chiamata: essendo questa sia vocazione sia elezione, qual è il modo di Paolo di viverla? Questa è nuova in lui o si manifesta come una “vocazione dell’elezione”?
Don Andrea rilegge con un “compimento dell’elezione”: la sua chiamata non era sbagliata precedentemente, ma si approfondisce. San Paolo fa il passaggio del modo di pensare l’elezione, che non è più un privilegio, ma addirittura è donata anche ai “peggiori” e, in tale senso, si ritiene dei peggiori e salvato da Dio, essendo eletto (e non privilegiato).
Giacomo, commentando la sua esperienza delle lettere di San Paolo come conferma della sua cristianità, da educatore torna a chiedersi di come un cattolico si ponga nei confronti della salvezza e la confronta con il tema della predestinazione con Erasmo e Lutero nella riforma della Chiesa.
Don Andrea afferma che il tema della salvezza era sì compreso meglio da Lutero e che al tempo si era preferito controllare le persone e deresponsabilizzarsi da esse con un pacchetto di pratiche per il cristiano. Aggiunge però che l’essere salvati dal Signore non basta, ma è il vivere da salvati che impegna ogni giorno a crescere nella fede, a vivere i sentimenti di Gesù, a configurarci a Lui. Lutero inoltre non dava importanza alle opere, aspetto invece che per i cattolici è espressione della salvezza nella vita, è il modo con cui la si conduce. Si osservi che le lettere di San Paolo sono state scritte prima dei vangeli e annunciano il significato e gli effetti della venuta di Gesù, prima ancora della sua vita. In questo senso potrebbe essere visto come il primo teologo, il primo ragionatore del cristianesimo, mentre non può essere visto come fondatore della Chiesa, la quale alla sua morte non aveva ancora una gerarchia.
Il prossimo incontro spirituale sarà il 27 novembre.
Percorso spirituale
Tema: Lettere di San Paolo
Il gruppo ha accolto per la riunione don Andrea Albertin, assistente durante l’assenza di don Marco Barcaro, e della federazione il presidente nazionale Stefano Nannini e la vicepresidente nazionale Elena Ovidi; in seguito i presidenti hanno invitato tutti i membri a presentarsi.
Dal passo Fil 3, 4-6 ha elencato direttamente con le parole di San Paolo la descrizione che il santo fa di sé sulla sua vita: l’essere ebreo di diaspora, circonciso all’ottavo giorno, appartenente alla stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, figlio di ebrei, fariseo e la persecutore della Chiesa sono sette caratteristiche esteriori per “riporre fiducia nella propria carne” che lo difendono dalle accuse della comunità, perché lo raffigurano come un uomo giusto e dall’alto ideale etico, osservante e convinto delle tradizioni, conoscitore delle Sacre Scritture. Dal passo Gal 1, 11-17 ha fatto emergere i passaggi per il suo cambiamento nel rapporto con Dio: l’accanimento nella tradizione dei padri, la gratuità della sua scelta fin dalla nascita, la rivelazione di Gesù.
San Paolo viveva secondo le prescrizioni ed interpretazioni umane della Sacra Scrittura e si è sempre comportato secondo la legge: non ha da questo punto di vista senso parlare di “conversione”, poiché non ha messo in dubbio la sua fede. Il testo parla di “chiamata”: non nel senso della marionetta nel disegno divino, ma nel senso che è stato scelto, amato con gratuità assoluta e senza riconoscenza alcuna. San Paolo ha osservato e riflettuto con i cristiani sul significato e sull’effetto che Gesù ha sulla vita di chi credeva in Lui. Per l’appunto lui non Lo ha incontrato, non ha avuto un’apparizione o una visione, ma una rivelazione, cioè Cristo si è mostrato e si è nascosto accendendo in lui una luce, un desiderio. Il Signore gli ha fatto intuire una direzione nuova, non ha compromesso il suo modo di pensare. Infatti non è la resurrezione, fatto in cui i farisei credono, che lo ha sconvolto, quanto il fatto che questa sia avvenuta dopo la morte in croce, considerata maledizione per un uomo: quale il motivo allora della morte in croce di un uomo giusto? Questo è stato il punto che può avergli fatto pensare che potesse essere il Messia e il sistema religioso di San Paolo è stato rimesso in analisi alla luce delle sacre scritture. La sua conversione può essere più letta dall’intuizione che lui ha del rapporto con Dio, perché non è il “fare” dell’ebreo scrupoloso che lo giustifica, ma che la sua salvezza, che è tutto ciò che di buono Gesù può dare nella vita, avviene con la “relazione” con Dio ed è pura grazia.
Infine don Andrea ha lanciato delle provocazioni per un cammino spirituale personale:
-Ho mai incontrato Gesù nella mia vita? Quando? In che modo? (e ha consigliato di utilizzare il criterio di valutare i frutti che questo ha portato nella vita)
-Che rapporto vivo con Dio? Cosa faccio per lui? Vivo la pratica attendendo un premio?
-Che immagine di Dio ho? Quella di un Dio per cui fare sacrifici o di un Dio che si è sacrificato per me? Cosa si forma nel mio cuore pensando a Lui?
In seguito c’è stato spazio per le domande da parte del gruppo.
Filippo ha chiesto il perché la figura di San Paolo è così importante e se questa è motivata dal suo “mettersi in discussione”. Don Andrea risponde dicendo che la figura dell’ “intellettuale onesto” non è attribuibile a San Paolo, perché la “fede impastava la vita delle persone” e non è pensabile una categoria come quelle attuali: era naturale riflettere sulla fede al tempo di San Paolo.
Lucio chiede il significato dell’essere “scelto fin dal seno materno”: i giorni trascorsi in vita sono interpretabili come inutili alla luce della chiamata o come oggetto del perdono delle colpe?
La gratuità è il centro dell’argomentazione, dice don Andrea, e non le azioni compiute. Dire “scelto” equivale a “salvato”, poiché in Gesù non bisogna fare nulla per esserlo, ma Lui è morto e risorto per noi a prescindere. L’essere buoni non dipende dalla possibilità che Dio dia la salvezza, poiché essa è un dono. La fede cristiana chiede di “vivere da salvati”, non di correggere ciò che in noi è nato male, poiché non ci è chiesto di aggrapparci alla fede per resisterci, ma siamo già salvati e in cammino verso la pienezza. Nella lettera ai Romani, San Paolo tocca anche il tema del corpo e dello Spirito, il quale abita le persone e muove all’essere appunto buoni.
Michele chiede invece il significato della chiamata: essendo questa sia vocazione sia elezione, qual è il modo di Paolo di viverla? Questa è nuova in lui o si manifesta come una “vocazione dell’elezione”?
Don Andrea rilegge con un “compimento dell’elezione”: la sua chiamata non era sbagliata precedentemente, ma si approfondisce. San Paolo fa il passaggio del modo di pensare l’elezione, che non è più un privilegio, ma addirittura è donata anche ai “peggiori” e, in tale senso, si ritiene dei peggiori e salvato da Dio, essendo eletto (e non privilegiato).
Giacomo, commentando la sua esperienza delle lettere di San Paolo come conferma della sua cristianità, da educatore torna a chiedersi di come un cattolico si ponga nei confronti della salvezza e la confronta con il tema della predestinazione con Erasmo e Lutero nella riforma della Chiesa.
Don Andrea afferma che il tema della salvezza era sì compreso meglio da Lutero e che al tempo si era preferito controllare le persone e deresponsabilizzarsi da esse con un pacchetto di pratiche per il cristiano. Aggiunge però che l’essere salvati dal Signore non basta, ma è il vivere da salvati che impegna ogni giorno a crescere nella fede, a vivere i sentimenti di Gesù, a configurarci a Lui. Lutero inoltre non dava importanza alle opere, aspetto invece che per i cattolici è espressione della salvezza nella vita, è il modo con cui la si conduce. Si osservi che le lettere di San Paolo sono state scritte prima dei vangeli e annunciano il significato e gli effetti della venuta di Gesù, prima ancora della sua vita. In questo senso potrebbe essere visto come il primo teologo, il primo ragionatore del cristianesimo, mentre non può essere visto come fondatore della Chiesa, la quale alla sua morte non aveva ancora una gerarchia.
Il prossimo incontro spirituale sarà il 27 novembre.