Mercoledì 22 gennaio 2014, ore 18:30
Percorso: Università
Il gruppo ha ospitato all’incontro Paolo Benciolini e sua moglie Luisa, affinché raccontassero della loro esperienza in università. Hanno aperto la riunione con una presentazione: lui medico e lei laureata in Giurisprudenza e successivamente diventata Psicoterapeuta. Luisa ha ribadito che le vocazioni si vanno precisando nel tempo e che in FUCI loro hanno imparato a chiedere i diritti per tutti gli studenti. Estendendo poi questa necessità all’ambiente del tempo, la richiesta che da qualsiasi scuola superiore si potesse accedere ad ogni studio universitario.
Concludendo le presentazioni, ha preso la parola don Marco per il momento di preghiera. Don Marco ha tratto una citazione dal libro di Jan Patočka “Saggi eretici di filosofia della storia” (Einaudi 2008), riflettendo poi su essa: sembra a volte che con l’evoluzione alcune esperienze siano legate ad alcuni periodi di vita, e invece alcune domande continuano. C’è un abissale profondità dell’anima e il cristianesimo è il massimo sforzo mai superato contro la decadenza. Infine ha lasciato una provocazione: ciascuno studente vive in università, e Gesù è venuto a farsi uomo, ma cosa c’è di vissuto nel cristianesimo?
Paolo e Luisa hanno poi iniziato a raccontare si sé… Entrambi studiavano a Padova, che con 10000 studenti circa era la città universitaria di tutto il Triveneto. Lui era domiciliato a Padova, ma di Verona, mentre lei era pendolare da Vicenza. Paolo frequentava la FUCI di Verona, e si trovavano in 30-40 studenti con incontri di carattere religioso e culturale. I primi erano riflessioni sulla Sacra Scrittura, cosa che con l’avvento del concilio era nuova. Parteciparono entrambi alla prima settimana biblica in Italia e per questo tipo di incontri FUCI si differenziava dall’associazione cattolica. I secondi erano temi di socio-politica, essendo appena passato il ’48, che con la costituzione aveva portato al tema sentito della democrazia. A Padova allora gli studenti manifestavano un carattere goliardico con il cosiddetto tribunato. Da l ’52 al ’53 la presenza degli studenti fu sempre più richiesta nella democrazia e furono eletti i primi rappresentanti degli studenti. Nel ’55 così fu eletto il primo tribuno, questa volta però democraticamente. C’era stata una maturazione grande ed anche in FUCI si sentiva fortemente. Fu creata l’”Intesa” e successivamente l’”Intesa Democratica”, che avevano la caratteristica di essere portatori del credo religioso laicamente come studenti all’interno dell’università e alla presenza di altri non credenti. Nel ’33 si creò la prima lista, anche con persone non credenti, in maniera del tutto democratica. Paolo Benciolini fu il terzo tribuno nel ’58. Era sorprendente l’affluenza: il 40% degli studenti aveva partecipato al voto, ed anche i pendolari potevano partecipare. Prima di questi organi nell’università in Fuci era stato creato il Consiglio di Ateneo, un modo per riunire gli universitari in una sede sola.
Luisa ha voluto aggiungere la democraticità che caratterizzava il comportamento dei cristiani: non era una cultura laicista, ma laica, credente e battezzata nella Chiesa, ma che solo nella sua coscienza risponde a Dio. Occorre pensarsi con la propria responsabilità e non con le autorizzazioni. L’impegno politico era per i diritti degli studenti, perché si potesse accedere tutti all’università, non per censo. Benciolini ha ricordato l’atteggiamento di dialogo, effervescente tra credenti e non credenti perché di tipo culturale, ed anche in FUCI, giacché l’assemblea federale si svolgeva ogni due anni. In federazione, ha aggiunto la moglie, c’era ancora separazione tra il gruppo maschile e femminile, esistevano due assistenti, due presidenti e la marginalità era normale. Lei era entrata in FUCI per conoscenza, dai suoi fratelli, ed era semplice instaurare amicizie all’interno, poiché le persone condividevano valori comuni. Il passaggio dalla presidenza femminile in AC all’iscrizione al gruppo fu vissuto come un tradimento, ma l’esigenza era ormai diversa per l’università!
Marco Fornasiero ha osservato che l’associazionismo è tornato di moda, per necessità di cambiamento, ma strutturato meglio e pregiudizioso non lascia spazio a gruppi come quello fucino. Ha chiesto come recuperare l’inserimento della FUCI nell’ambito del socio-politico, per riprendere un po’ un posto che dovrebbe avere. Filippo invece ha chiesto nello specifico come fossero strutturati i percorsi. Rispondendo ad entrambi, il percorso era sia di Spiritualità, con momenti religiosi, con la preghiera delle ore nei convegni, con la preghiera e la lettura comune, sia di Cultura, con temi di attualità, tra cui la democrazia e il ruolo degli intellettuali nella società erano ricorrenti. Gli intellettuali, i pensatori hanno una responsabilità politica e non partitica, non c’era impegno politico in FUCI, ma chi partecipava, poteva anche avere un impegno proprio in politica. Anche l’Intesa Democratica è espressione di questa visione e del fermento che c’era.
Giacomo ha chiesto cosa significasse far parte di una sorta di élite intellettuale di giovani, ricorrendo anche al ricordo dei nonni tra i “cattolici dell’epoca”. Persone come Dossetti e Gui influivano certamente, ma gruppi come AC e FUCI erano tanto diverse? I giovani erano i primi che avevano cambiato il modo di pensare? C’è un modo paraconfessionale della politica di fare religione, di fare associazione ma da cristiani: essere cristiani, fare testimonianza, ma senza fare cattolicesimo. Come cattolici siamo sicuramente di meno e però come universitari disertiamo.
Luisa ha subito ribadito che associazionismo ed essere credenti senza etichetta sono possibili per ognuno di noi. La nostra essenza di uomini è fatta di diverse sensorialità che hanno bisogno di integrazione in modo equilibrato, non esiste cellula di noi non religiosa. Nella profondità in cui crediamo Dio ci ha resi simili a Lui, per cui come si può non avere a che fare con la religiosità? All’esterno sapevano che eravamo cattolici, ma le riflessioni nostre non erano in base a ciò “che dice il prete”, sarebbe clericalismo e non fede. Non si può rispondere per la chiesa: la delega della formazione della propria coscienza va bene, ma la persona si muove da sola con il suo spirito religioso e questo vuol dire saper andare da soli, prendere responsabilità.
Paolo ha parlato della rappresentanza, in cui ciascuno deve avere una base di riferimento, deve avere qualcuno a cui riferirsi. La FUCI non interveniva come associazione. Si ascolti la politica oggi: ’essere cattolici per i voti personali nasconde la coscienza. Un esempio può essere la difesa della famiglia, contraddetta dall’atteggiamento di molti. Non si può usare la cattolicità come un velo.
Marco F. ha precisato che si può essere cristiani all’interno di un’associazione, come era presente l’”Intesa Democratica”, che da fucino non si vuole essere politico e che per dare testimonianza allora bisogna essere in altre associazioni politiche. Ma FUCI non può avere maggiore riconoscimento?
Benciolini ha affermato che questa può essere sì riconosciuta, ma non ha bisogno di essere analoga alle altre. Il congresso è un momento culturale, è un’occasione per essere conosciuti e questo deve essere riconosciuto! Chi rappresenta deve chiaramente chiedere, ma non un’influenza bensì una opportunità.
Luisa ha seguito il discorso di Paolo, dicendo che FUCI è un’esperienza personale, che la formazione personale che si riceve è seguita per noi: possiamo avere interesse alla formazione dell’altro, ma allora discutiamo insieme. Nella coppia è bellissimo poter parlare di Dio, parlando uno si svela all’altro, le persone devono trovare l’occasione di parlare anche di Dio insieme. Si diceva che in FUCI si facessero i matrimoni, ma questo era posto di condivisione e di gioia. Chiaro che poi ogni generazione chiede alla successiva di essere migliore!
Filippo ha chiesto quale fosse stato il frutto maturo per essere stati in FUCI, quale fosse l’elemento in più nell’esperienza universitaria. Paolo ha cercato un confronto con gli altri, poiché per essere oggettivi occorre un dialogo schietto con gli esterni, la libertà di stare insieme senza fraintendimenti. In FUCI sicuramente si sono create belle amicizie lavorando tutti insieme. Invece la presenza nella vita civile viene non solo dalla FUCI, la quale può aver avuto un’influenza. Ad esempio il primo tribunato e la prima esperienza di centro sinistra, con un governo di laici, tra cui anche agnostici, ha rivelato dagli altri un’invidia della FUCI perché preparava i ragazzi. PC e DC avevano una formazione, ma era diversa: e sono loro stessi a distanza di tempo a fare questi discorsi. Sicuramente il nostro modo di essere così oggi, la nostra laicità è stata influenzata. Luisa ha aggiunto che la passione per la Chiesa, che con molte sofferenze si tradisce da sola, li ha portati a non uscirne. Il lavoro politico li ha responsabilizzati, per essere loro strumento di cambiamento. Una volta risposero ad una lettera all’episcopato sui giovani, chiedendo di essere interpellati, cercando di cambiare la normalità dei commenti. Bisogna avere coraggio, sentirsi partecipi della vita comunitaria; brontolio e critica non conducono a nulla.
Maristella ha chiesto che salto di qualità c’è stato nel passaggio da AC a FUCI: per se stessa l’ha sentita come una base e poi ha sentito la necessità di cambiare. Come si può comprendere un posto per essere all’interno della Chiesa? Può la FUCI essere pensata come un collante?
Luisa, che era stata presidente in parrocchia dell’associazione cattolica giovanile femminile, non ha sentito un salto di qualità, ma per lei è stata una modalità evolutiva degli spazi di formazione che cercava. In FUCI ha trovato la risposta alla sua aspirazione. L’essere diventata universitaria, il bisogno di sentirsi un’intellettuale, di impegnarsi erano tutti stimoli a questo.
Chiara Sormani si è interessata alla loro esperienza nella bioetica: i cattolici o strmentalizzano il tema, o si chiudono a riccio facendosi baluardo della fede, o tendono ad annacquare l’argomento.
Luisa ha fatto notare che non sono temi fuori di una coppia, poiché ognuna si sente interpellata di fronte a questo argomento, basti pensare al solo accudimento di un anziano in fin di vita. Paolo, appassionato a questo in pensione, ha riscontrato molte contrapposizioni teologiche, le quali però sono convergenti sui temi importanti. Sono scelte di laicità, poiché non si può discutere rappresentando qualcuno di questi temi: un cardinale inviato in un collegio di vescovi non può essere libero di esprimersi, perché non parla per sé! Infatti Luisa ha ricordato il Concilio, e quanto l’impegno dei laici fosse importante. Non lasciare andare chi sta morendo? Bisogna contemplare Dio nel silenzio, poiché sono problemi che toccano le persone ogni giorno.
Mirjam ha chiesto quanta differenza potesse fare la formazione di una persona in FUCI, se questa condivide l’ambiente con una formazione solida alle spalle. Non sarebbe naturale avere già un formazione in casa per un fucino?
Paolo ha ricordato che cogliere le occasioni di formazione diversa da quella che si riceve in famiglia, scontrarsi con situazioni diverse è importante. Luisa ha aggiunto che essa non finisce mai, che l’individualità della vita è fondamentale: “Nessuno può essere come me e se manco nessuno può sostituirmi!” Bisogna interagire con pari dignità, vedere, incuriosirsi dell’altro. Siamo protagonisti del nostro cambiamento. Anche nel dolore dobbiamo saperci stare, per attraversarlo, per capire poi la gioia di sentire di essere vivo e la capacità di starci viene da questo. Ogni incontro è una continua formazione. Non accade di essere felici.
Infine a nome di tutti i presidenti hanno ringraziato gli ospiti, chiesto una foto con loro e hanno chiuso l’assemblea, per cenare poi insieme.
Percorso: Università
Il gruppo ha ospitato all’incontro Paolo Benciolini e sua moglie Luisa, affinché raccontassero della loro esperienza in università. Hanno aperto la riunione con una presentazione: lui medico e lei laureata in Giurisprudenza e successivamente diventata Psicoterapeuta. Luisa ha ribadito che le vocazioni si vanno precisando nel tempo e che in FUCI loro hanno imparato a chiedere i diritti per tutti gli studenti. Estendendo poi questa necessità all’ambiente del tempo, la richiesta che da qualsiasi scuola superiore si potesse accedere ad ogni studio universitario.
Concludendo le presentazioni, ha preso la parola don Marco per il momento di preghiera. Don Marco ha tratto una citazione dal libro di Jan Patočka “Saggi eretici di filosofia della storia” (Einaudi 2008), riflettendo poi su essa: sembra a volte che con l’evoluzione alcune esperienze siano legate ad alcuni periodi di vita, e invece alcune domande continuano. C’è un abissale profondità dell’anima e il cristianesimo è il massimo sforzo mai superato contro la decadenza. Infine ha lasciato una provocazione: ciascuno studente vive in università, e Gesù è venuto a farsi uomo, ma cosa c’è di vissuto nel cristianesimo?
Paolo e Luisa hanno poi iniziato a raccontare si sé… Entrambi studiavano a Padova, che con 10000 studenti circa era la città universitaria di tutto il Triveneto. Lui era domiciliato a Padova, ma di Verona, mentre lei era pendolare da Vicenza. Paolo frequentava la FUCI di Verona, e si trovavano in 30-40 studenti con incontri di carattere religioso e culturale. I primi erano riflessioni sulla Sacra Scrittura, cosa che con l’avvento del concilio era nuova. Parteciparono entrambi alla prima settimana biblica in Italia e per questo tipo di incontri FUCI si differenziava dall’associazione cattolica. I secondi erano temi di socio-politica, essendo appena passato il ’48, che con la costituzione aveva portato al tema sentito della democrazia. A Padova allora gli studenti manifestavano un carattere goliardico con il cosiddetto tribunato. Da l ’52 al ’53 la presenza degli studenti fu sempre più richiesta nella democrazia e furono eletti i primi rappresentanti degli studenti. Nel ’55 così fu eletto il primo tribuno, questa volta però democraticamente. C’era stata una maturazione grande ed anche in FUCI si sentiva fortemente. Fu creata l’”Intesa” e successivamente l’”Intesa Democratica”, che avevano la caratteristica di essere portatori del credo religioso laicamente come studenti all’interno dell’università e alla presenza di altri non credenti. Nel ’33 si creò la prima lista, anche con persone non credenti, in maniera del tutto democratica. Paolo Benciolini fu il terzo tribuno nel ’58. Era sorprendente l’affluenza: il 40% degli studenti aveva partecipato al voto, ed anche i pendolari potevano partecipare. Prima di questi organi nell’università in Fuci era stato creato il Consiglio di Ateneo, un modo per riunire gli universitari in una sede sola.
Luisa ha voluto aggiungere la democraticità che caratterizzava il comportamento dei cristiani: non era una cultura laicista, ma laica, credente e battezzata nella Chiesa, ma che solo nella sua coscienza risponde a Dio. Occorre pensarsi con la propria responsabilità e non con le autorizzazioni. L’impegno politico era per i diritti degli studenti, perché si potesse accedere tutti all’università, non per censo. Benciolini ha ricordato l’atteggiamento di dialogo, effervescente tra credenti e non credenti perché di tipo culturale, ed anche in FUCI, giacché l’assemblea federale si svolgeva ogni due anni. In federazione, ha aggiunto la moglie, c’era ancora separazione tra il gruppo maschile e femminile, esistevano due assistenti, due presidenti e la marginalità era normale. Lei era entrata in FUCI per conoscenza, dai suoi fratelli, ed era semplice instaurare amicizie all’interno, poiché le persone condividevano valori comuni. Il passaggio dalla presidenza femminile in AC all’iscrizione al gruppo fu vissuto come un tradimento, ma l’esigenza era ormai diversa per l’università!
Marco Fornasiero ha osservato che l’associazionismo è tornato di moda, per necessità di cambiamento, ma strutturato meglio e pregiudizioso non lascia spazio a gruppi come quello fucino. Ha chiesto come recuperare l’inserimento della FUCI nell’ambito del socio-politico, per riprendere un po’ un posto che dovrebbe avere. Filippo invece ha chiesto nello specifico come fossero strutturati i percorsi. Rispondendo ad entrambi, il percorso era sia di Spiritualità, con momenti religiosi, con la preghiera delle ore nei convegni, con la preghiera e la lettura comune, sia di Cultura, con temi di attualità, tra cui la democrazia e il ruolo degli intellettuali nella società erano ricorrenti. Gli intellettuali, i pensatori hanno una responsabilità politica e non partitica, non c’era impegno politico in FUCI, ma chi partecipava, poteva anche avere un impegno proprio in politica. Anche l’Intesa Democratica è espressione di questa visione e del fermento che c’era.
Giacomo ha chiesto cosa significasse far parte di una sorta di élite intellettuale di giovani, ricorrendo anche al ricordo dei nonni tra i “cattolici dell’epoca”. Persone come Dossetti e Gui influivano certamente, ma gruppi come AC e FUCI erano tanto diverse? I giovani erano i primi che avevano cambiato il modo di pensare? C’è un modo paraconfessionale della politica di fare religione, di fare associazione ma da cristiani: essere cristiani, fare testimonianza, ma senza fare cattolicesimo. Come cattolici siamo sicuramente di meno e però come universitari disertiamo.
Luisa ha subito ribadito che associazionismo ed essere credenti senza etichetta sono possibili per ognuno di noi. La nostra essenza di uomini è fatta di diverse sensorialità che hanno bisogno di integrazione in modo equilibrato, non esiste cellula di noi non religiosa. Nella profondità in cui crediamo Dio ci ha resi simili a Lui, per cui come si può non avere a che fare con la religiosità? All’esterno sapevano che eravamo cattolici, ma le riflessioni nostre non erano in base a ciò “che dice il prete”, sarebbe clericalismo e non fede. Non si può rispondere per la chiesa: la delega della formazione della propria coscienza va bene, ma la persona si muove da sola con il suo spirito religioso e questo vuol dire saper andare da soli, prendere responsabilità.
Paolo ha parlato della rappresentanza, in cui ciascuno deve avere una base di riferimento, deve avere qualcuno a cui riferirsi. La FUCI non interveniva come associazione. Si ascolti la politica oggi: ’essere cattolici per i voti personali nasconde la coscienza. Un esempio può essere la difesa della famiglia, contraddetta dall’atteggiamento di molti. Non si può usare la cattolicità come un velo.
Marco F. ha precisato che si può essere cristiani all’interno di un’associazione, come era presente l’”Intesa Democratica”, che da fucino non si vuole essere politico e che per dare testimonianza allora bisogna essere in altre associazioni politiche. Ma FUCI non può avere maggiore riconoscimento?
Benciolini ha affermato che questa può essere sì riconosciuta, ma non ha bisogno di essere analoga alle altre. Il congresso è un momento culturale, è un’occasione per essere conosciuti e questo deve essere riconosciuto! Chi rappresenta deve chiaramente chiedere, ma non un’influenza bensì una opportunità.
Luisa ha seguito il discorso di Paolo, dicendo che FUCI è un’esperienza personale, che la formazione personale che si riceve è seguita per noi: possiamo avere interesse alla formazione dell’altro, ma allora discutiamo insieme. Nella coppia è bellissimo poter parlare di Dio, parlando uno si svela all’altro, le persone devono trovare l’occasione di parlare anche di Dio insieme. Si diceva che in FUCI si facessero i matrimoni, ma questo era posto di condivisione e di gioia. Chiaro che poi ogni generazione chiede alla successiva di essere migliore!
Filippo ha chiesto quale fosse stato il frutto maturo per essere stati in FUCI, quale fosse l’elemento in più nell’esperienza universitaria. Paolo ha cercato un confronto con gli altri, poiché per essere oggettivi occorre un dialogo schietto con gli esterni, la libertà di stare insieme senza fraintendimenti. In FUCI sicuramente si sono create belle amicizie lavorando tutti insieme. Invece la presenza nella vita civile viene non solo dalla FUCI, la quale può aver avuto un’influenza. Ad esempio il primo tribunato e la prima esperienza di centro sinistra, con un governo di laici, tra cui anche agnostici, ha rivelato dagli altri un’invidia della FUCI perché preparava i ragazzi. PC e DC avevano una formazione, ma era diversa: e sono loro stessi a distanza di tempo a fare questi discorsi. Sicuramente il nostro modo di essere così oggi, la nostra laicità è stata influenzata. Luisa ha aggiunto che la passione per la Chiesa, che con molte sofferenze si tradisce da sola, li ha portati a non uscirne. Il lavoro politico li ha responsabilizzati, per essere loro strumento di cambiamento. Una volta risposero ad una lettera all’episcopato sui giovani, chiedendo di essere interpellati, cercando di cambiare la normalità dei commenti. Bisogna avere coraggio, sentirsi partecipi della vita comunitaria; brontolio e critica non conducono a nulla.
Maristella ha chiesto che salto di qualità c’è stato nel passaggio da AC a FUCI: per se stessa l’ha sentita come una base e poi ha sentito la necessità di cambiare. Come si può comprendere un posto per essere all’interno della Chiesa? Può la FUCI essere pensata come un collante?
Luisa, che era stata presidente in parrocchia dell’associazione cattolica giovanile femminile, non ha sentito un salto di qualità, ma per lei è stata una modalità evolutiva degli spazi di formazione che cercava. In FUCI ha trovato la risposta alla sua aspirazione. L’essere diventata universitaria, il bisogno di sentirsi un’intellettuale, di impegnarsi erano tutti stimoli a questo.
Chiara Sormani si è interessata alla loro esperienza nella bioetica: i cattolici o strmentalizzano il tema, o si chiudono a riccio facendosi baluardo della fede, o tendono ad annacquare l’argomento.
Luisa ha fatto notare che non sono temi fuori di una coppia, poiché ognuna si sente interpellata di fronte a questo argomento, basti pensare al solo accudimento di un anziano in fin di vita. Paolo, appassionato a questo in pensione, ha riscontrato molte contrapposizioni teologiche, le quali però sono convergenti sui temi importanti. Sono scelte di laicità, poiché non si può discutere rappresentando qualcuno di questi temi: un cardinale inviato in un collegio di vescovi non può essere libero di esprimersi, perché non parla per sé! Infatti Luisa ha ricordato il Concilio, e quanto l’impegno dei laici fosse importante. Non lasciare andare chi sta morendo? Bisogna contemplare Dio nel silenzio, poiché sono problemi che toccano le persone ogni giorno.
Mirjam ha chiesto quanta differenza potesse fare la formazione di una persona in FUCI, se questa condivide l’ambiente con una formazione solida alle spalle. Non sarebbe naturale avere già un formazione in casa per un fucino?
Paolo ha ricordato che cogliere le occasioni di formazione diversa da quella che si riceve in famiglia, scontrarsi con situazioni diverse è importante. Luisa ha aggiunto che essa non finisce mai, che l’individualità della vita è fondamentale: “Nessuno può essere come me e se manco nessuno può sostituirmi!” Bisogna interagire con pari dignità, vedere, incuriosirsi dell’altro. Siamo protagonisti del nostro cambiamento. Anche nel dolore dobbiamo saperci stare, per attraversarlo, per capire poi la gioia di sentire di essere vivo e la capacità di starci viene da questo. Ogni incontro è una continua formazione. Non accade di essere felici.
Infine a nome di tutti i presidenti hanno ringraziato gli ospiti, chiesto una foto con loro e hanno chiuso l’assemblea, per cenare poi insieme.