Incontro organizzato dal Consiglio Pastorale Diocesano e dalle Associazioni Ecclesiali
“Elezioni 2013: da cattolici nel nuovo scenario politico”
Mediatore: Luca Bortoli
Relatori: Giovanni Saonara, Giampiero Dalla Zuanna, Gessica Rostellato, Claudio Piron, Rossella Olivo
L.B. ha chiesto di illustrare il tipo di esperienza personale delle elezioni.
G.S. ha descritto la situazione attuale tramite alcune statistiche. Ha illustrato la composizione del Parlamento, ne ha segnalato il tipo di rinnovamento, in età, in genere e in parti politiche. Ha analizzato il tripolarismo di queste elezioni, guardando ai voti sui territori nazionali, regionali e comunali (questi ultimi nel Veneto). Ha osservato la riduzione di affluenza per il voto alle camere, l’inaffidabilità dei sondaggi, il difficile futuro delle famiglie politiche del ‘900, la presenza di un quarto polo con UDC e Scelta civica, una differente interpretazione del voto comunale osservando anche i dati non urbano-centrici, il calo di Lega Nord, la possibilità di un’ipotesi della macroregione del nord, il voto dei cattolici distribuito nei vari partiti.
L.B. rimarca la novità delle elezioni, della necessità per costruire di accettarla innanzitutto e di creare delle leadership.
G.D.Z. segnala l’importanza di non sciogliere le camere per evitare una situazione di stallo senza governo eccessivamente lunga, di avere un governo di scopo. Suggerisce di lavorare sulla riforma del lavoro, sull’interazione con l’Europa, sulla riforma elettorale, sulla garanzia al paese di rappresentatività e governabilità. La proposta dei saggi di Scelta civica è per costruire i punti per la collaborazione. L’astinenza al voto è dovuta al metodo che presentano i partiti, e non ai dubbi sulle persone. L’opposizione tra partiti non è insormontabile e da questo punto di vista i cattolici dovrebbero far sentire la propria voce, per motivare l’interesse al bene comune.
G.R. sostiene che la colpa dello stallo politico risiede nella mancanza di una legge elettorale, che le persone con cui si può collaborare ci sono, non sotto un’ottica di partito. Chiede per il movimento, che si trova in una situazione inaspettata, di avere il tempo di organizzarsi e di avere la possibilità di sbagliare. Il motivo per cui il movimento non si lega è nel rispetto dell’elettore, essendo ciò tra le promesse fatte.
C.P. richiama alla partenza del dibattito: che ruolo hanno i credenti? Come giustificare le follie che accadono ogni giorno in cronaca, come lavorare per la gente? Quali sono le priorità? I credenti devono aiutare a generare la sensibilità al bene comune in politica, il metro di misura devono essere le persone, le famiglie, le imprese, l’orizzonte europeo. Bisogna analizzare le radici della sfiducia nella politica, è necessario avere una legge elettorale, perché è proponibile e non rimandabile.
R.U. vede nel voto per il movimento 5 stelle la protesta dei cittadini e sottolinea che sono le persone all’interno di ogni partito a farne la differenza. I punti in comune si possono trovare: se non si riesce a crearli è necessaria un’istantanea votazione, non si può non avere un governo e quest’ultimo, secondo lei, non deve essere tecnico, ma politico. Occorre l’esperienza politica per toccare i problemi delle persone: non può essere la necessità diretta di chi è in parlamento a parlare, ma occorre un’analisi generale. Bisogna dare spazio a forze nuove, purché esse si formino e abbiano fatto esperienza, altrimenti il giudizio prevale sulla collaborazione.
L.B. chiede ai relatori di analizzare la frammentazione cattolica: quali relazioni ci sono tra i cattolici dei diversi partiti? Sono distinguibili dai laici? Condividono delle strade da percorrere?
C.P. rimarca che si devono trovare tali strade, che sono insufficienti i tentativi dei partiti per la scelta delle persone tramite le primarie, che bisogna garantire la democrazia per la rappresentatività del popolo e rinnovare il concetto della risoluzione dei problemi con la collaborazione successiva alla scelta delle persone in carica. I cattolici possono, avendo valori in comune, trovare dei punti d’incontro.
R.U. afferma che la divisione che c’è non è sui principi ma sugli ideali politici: le azioni devono essere giustificate e la scelta del metodo dipende dall’esperienza politica. Le barriere non devono esistere per quanto riguarda il bene comune, esistono invece barriere su modi di agire differenti ed è naturale che chi entra in politica lo faccia non per bene proprio ma per quello comune.
G.D.Z. sottolinea che bisogna invece convergere sul metodo, che vedere l’altro come un avversario è un modo vecchio di affrontare i problemi, che bisogna riconoscere il principio di verità e le capacità dell’opposizione: bastano i principi naturali per capirlo, non ne occorre neanche uno cattolico. Anche all’interno del cattolicesimo ci sono diversi metodi e strategie, si tratta di voler collaborare. Rimarca che i partiti con maggior percentuale ovviamente devono sentire ancora di più questo ruolo di unificazione e non guardare all’interesse di parte. L’azione di governo è di parte.
G.R. osserva che un cattolico dovrebbe usare un metodo diverso nella scelta politica e che è comune alle parti; di far questo però non sembra esserci la volontà, poiché c’è un interesse politico del partito rispetto a ciò che la persona del partito pensa.
L.B. interroga i relatori sul rapporto con le comunità cristiane: accompagnano la politica? Aiutano al discernimento?
R.U. osserva che l’impegno di una persona nelle associazioni non deve essere strumentalizzato, ed è il motivo per cui, entrando in ruolo, ha lasciato le attività parrocchiali. Guarda al rapporto con la parrocchia da entrambi i lati: da sindaco ha cercato di non interferire con le attività parrocchiali, mentre alle necessità dei cittadini non dà distinzione tra parrocchiali e civili in generale; alla parrocchia invece chiede sostegno, un rapporto normale che sente perso a causa del ruolo.
C.P. risponde innanzitutto ai precedenti, sostenendo che in politica non è ammesso sbagliare, che le palestre di esperienza servono a questo, che la giustizia sociale e la pace devono essere la bussola per una coerenza di fondo in politica. Il bene comune non è una somma ma un equilibrio allo zero: occorre verificare, fare un punto della situazione, un bilancio di giustizia. Qualche laico ha contribuito troppo poco in chiesa ed il problema dell’omissione è una causa di squilibrio tra bene comune e personale.
G.D.Z. è sostenuto dalla propria comunità e l’interessamento della gente diventa un’occasione per l’analisi e per il confronto sull’operato e sulla situazione, forse perché non è incaricato locale. Sostiene che l’esperienza in politica è necessaria: la stessa gestione nell’ambiente parrocchiale può essere una palestra, poiché si impara la fatica del compromesso. Bisogna che i cittadini facciano un ragionamento politico per la scelta tramite cui devono essere rappresentati, e gli eletti hanno il dovere di rappresentare il cittadino cattolico.
Domande dal pubblico:
-C’è libertà rispetto ai personaggi di spicco?
-Chi rappresenta la Chiesa ai vertici?
-Quanto i valori cristiani sono condizionati dalla scelta di parte? Ha ancora significato la testimonianza?
-Quanto il pregiudizio sulla persona in politica consente ad essa di agire? Cosa fanno i cattolici? C’è la capacità di condividere nell’interesse dei cittadini?
-Qual è la ragione per cui i movimento 5 stelle non si unisce, nonostante gli argomenti condivisibili e l’esigenza dei cittadini di questo?
Risposte:
-La libertà della persona di agire come singola c’è e sta ad essa stessa secondo propria coscienza rispettarla; i leaders sono figure per uscire dall’anonimato.
-Non bisogna cercare una rappresentanza della Chiesa in qualche partito od in qualche figura, ma coscientemente osservare la rappresentatività delle proposte e votare secondo quelle.
-Ogni politico agisce e testimonia secondo il suo operato e, spesso, per propri ideali si possono rifiutare le posizioni di partito.
-Lo stesso pregiudizio tra le classi politiche, quello che reputa l’altro un avversario, blocca il dialogo tra le parti. Allo stesso modo quello di una persona. Questo comportamento non manca neanche tra i cattolici.
-La libertà di unirsi a qualcuno non dipende da ciò che il movimento detta e non è detto che all’interno di esso qualcuno non possa agire diversamente; le idee sono ancora confuse e si chiede tempo.
“Elezioni 2013: da cattolici nel nuovo scenario politico”
Mediatore: Luca Bortoli
Relatori: Giovanni Saonara, Giampiero Dalla Zuanna, Gessica Rostellato, Claudio Piron, Rossella Olivo
L.B. ha chiesto di illustrare il tipo di esperienza personale delle elezioni.
G.S. ha descritto la situazione attuale tramite alcune statistiche. Ha illustrato la composizione del Parlamento, ne ha segnalato il tipo di rinnovamento, in età, in genere e in parti politiche. Ha analizzato il tripolarismo di queste elezioni, guardando ai voti sui territori nazionali, regionali e comunali (questi ultimi nel Veneto). Ha osservato la riduzione di affluenza per il voto alle camere, l’inaffidabilità dei sondaggi, il difficile futuro delle famiglie politiche del ‘900, la presenza di un quarto polo con UDC e Scelta civica, una differente interpretazione del voto comunale osservando anche i dati non urbano-centrici, il calo di Lega Nord, la possibilità di un’ipotesi della macroregione del nord, il voto dei cattolici distribuito nei vari partiti.
L.B. rimarca la novità delle elezioni, della necessità per costruire di accettarla innanzitutto e di creare delle leadership.
G.D.Z. segnala l’importanza di non sciogliere le camere per evitare una situazione di stallo senza governo eccessivamente lunga, di avere un governo di scopo. Suggerisce di lavorare sulla riforma del lavoro, sull’interazione con l’Europa, sulla riforma elettorale, sulla garanzia al paese di rappresentatività e governabilità. La proposta dei saggi di Scelta civica è per costruire i punti per la collaborazione. L’astinenza al voto è dovuta al metodo che presentano i partiti, e non ai dubbi sulle persone. L’opposizione tra partiti non è insormontabile e da questo punto di vista i cattolici dovrebbero far sentire la propria voce, per motivare l’interesse al bene comune.
G.R. sostiene che la colpa dello stallo politico risiede nella mancanza di una legge elettorale, che le persone con cui si può collaborare ci sono, non sotto un’ottica di partito. Chiede per il movimento, che si trova in una situazione inaspettata, di avere il tempo di organizzarsi e di avere la possibilità di sbagliare. Il motivo per cui il movimento non si lega è nel rispetto dell’elettore, essendo ciò tra le promesse fatte.
C.P. richiama alla partenza del dibattito: che ruolo hanno i credenti? Come giustificare le follie che accadono ogni giorno in cronaca, come lavorare per la gente? Quali sono le priorità? I credenti devono aiutare a generare la sensibilità al bene comune in politica, il metro di misura devono essere le persone, le famiglie, le imprese, l’orizzonte europeo. Bisogna analizzare le radici della sfiducia nella politica, è necessario avere una legge elettorale, perché è proponibile e non rimandabile.
R.U. vede nel voto per il movimento 5 stelle la protesta dei cittadini e sottolinea che sono le persone all’interno di ogni partito a farne la differenza. I punti in comune si possono trovare: se non si riesce a crearli è necessaria un’istantanea votazione, non si può non avere un governo e quest’ultimo, secondo lei, non deve essere tecnico, ma politico. Occorre l’esperienza politica per toccare i problemi delle persone: non può essere la necessità diretta di chi è in parlamento a parlare, ma occorre un’analisi generale. Bisogna dare spazio a forze nuove, purché esse si formino e abbiano fatto esperienza, altrimenti il giudizio prevale sulla collaborazione.
L.B. chiede ai relatori di analizzare la frammentazione cattolica: quali relazioni ci sono tra i cattolici dei diversi partiti? Sono distinguibili dai laici? Condividono delle strade da percorrere?
C.P. rimarca che si devono trovare tali strade, che sono insufficienti i tentativi dei partiti per la scelta delle persone tramite le primarie, che bisogna garantire la democrazia per la rappresentatività del popolo e rinnovare il concetto della risoluzione dei problemi con la collaborazione successiva alla scelta delle persone in carica. I cattolici possono, avendo valori in comune, trovare dei punti d’incontro.
R.U. afferma che la divisione che c’è non è sui principi ma sugli ideali politici: le azioni devono essere giustificate e la scelta del metodo dipende dall’esperienza politica. Le barriere non devono esistere per quanto riguarda il bene comune, esistono invece barriere su modi di agire differenti ed è naturale che chi entra in politica lo faccia non per bene proprio ma per quello comune.
G.D.Z. sottolinea che bisogna invece convergere sul metodo, che vedere l’altro come un avversario è un modo vecchio di affrontare i problemi, che bisogna riconoscere il principio di verità e le capacità dell’opposizione: bastano i principi naturali per capirlo, non ne occorre neanche uno cattolico. Anche all’interno del cattolicesimo ci sono diversi metodi e strategie, si tratta di voler collaborare. Rimarca che i partiti con maggior percentuale ovviamente devono sentire ancora di più questo ruolo di unificazione e non guardare all’interesse di parte. L’azione di governo è di parte.
G.R. osserva che un cattolico dovrebbe usare un metodo diverso nella scelta politica e che è comune alle parti; di far questo però non sembra esserci la volontà, poiché c’è un interesse politico del partito rispetto a ciò che la persona del partito pensa.
L.B. interroga i relatori sul rapporto con le comunità cristiane: accompagnano la politica? Aiutano al discernimento?
R.U. osserva che l’impegno di una persona nelle associazioni non deve essere strumentalizzato, ed è il motivo per cui, entrando in ruolo, ha lasciato le attività parrocchiali. Guarda al rapporto con la parrocchia da entrambi i lati: da sindaco ha cercato di non interferire con le attività parrocchiali, mentre alle necessità dei cittadini non dà distinzione tra parrocchiali e civili in generale; alla parrocchia invece chiede sostegno, un rapporto normale che sente perso a causa del ruolo.
C.P. risponde innanzitutto ai precedenti, sostenendo che in politica non è ammesso sbagliare, che le palestre di esperienza servono a questo, che la giustizia sociale e la pace devono essere la bussola per una coerenza di fondo in politica. Il bene comune non è una somma ma un equilibrio allo zero: occorre verificare, fare un punto della situazione, un bilancio di giustizia. Qualche laico ha contribuito troppo poco in chiesa ed il problema dell’omissione è una causa di squilibrio tra bene comune e personale.
G.D.Z. è sostenuto dalla propria comunità e l’interessamento della gente diventa un’occasione per l’analisi e per il confronto sull’operato e sulla situazione, forse perché non è incaricato locale. Sostiene che l’esperienza in politica è necessaria: la stessa gestione nell’ambiente parrocchiale può essere una palestra, poiché si impara la fatica del compromesso. Bisogna che i cittadini facciano un ragionamento politico per la scelta tramite cui devono essere rappresentati, e gli eletti hanno il dovere di rappresentare il cittadino cattolico.
Domande dal pubblico:
-C’è libertà rispetto ai personaggi di spicco?
-Chi rappresenta la Chiesa ai vertici?
-Quanto i valori cristiani sono condizionati dalla scelta di parte? Ha ancora significato la testimonianza?
-Quanto il pregiudizio sulla persona in politica consente ad essa di agire? Cosa fanno i cattolici? C’è la capacità di condividere nell’interesse dei cittadini?
-Qual è la ragione per cui i movimento 5 stelle non si unisce, nonostante gli argomenti condivisibili e l’esigenza dei cittadini di questo?
Risposte:
-La libertà della persona di agire come singola c’è e sta ad essa stessa secondo propria coscienza rispettarla; i leaders sono figure per uscire dall’anonimato.
-Non bisogna cercare una rappresentanza della Chiesa in qualche partito od in qualche figura, ma coscientemente osservare la rappresentatività delle proposte e votare secondo quelle.
-Ogni politico agisce e testimonia secondo il suo operato e, spesso, per propri ideali si possono rifiutare le posizioni di partito.
-Lo stesso pregiudizio tra le classi politiche, quello che reputa l’altro un avversario, blocca il dialogo tra le parti. Allo stesso modo quello di una persona. Questo comportamento non manca neanche tra i cattolici.
-La libertà di unirsi a qualcuno non dipende da ciò che il movimento detta e non è detto che all’interno di esso qualcuno non possa agire diversamente; le idee sono ancora confuse e si chiede tempo.