A cura di Francesca Simeoni
COS’è IL PERSONALISMO?
Noi tutti conosciamo gli inconvenienti a cui dobbiamo adattarci, lasciando applicare un’etichetta quale quella di “personalismo” a un gruppo di ricerche e di volontà che desidera rimanere in pari tempo aperto e vigoroso. […]
Questo nome risponde al dilagare dell’ondata totalitaria; da essa è nato e contro di essa, e accentua la difesa della persona contro l’oppressione delle strutture. Sotto quest’angolo visuale corre il rischio di trascinare con sé vecchie reazioni individualistiche, felici di adornarsi di un nuovo blasone: di deliberato proposito l’abbiamo fin da principio associato a “comunitario”; ma un’insegna non è una qualificazione completa; e quando noi ricorderemo le vie maestre della nostra filosofia dell’uomo, vedremo che la persona non è una cellula, nemmeno in senso sociale, ma un vertice, dal quale partono tutte le vie del mondo.
Da: E. MOUNIER, Che cos’è il personalismo?, Einaudi, Torino 1975.
PERCHè IL PERSONALISMO?
Come non essere in continua rivolta con le tirannie del nostro tempo? Noi contestiamo in esso: una scienza troppo spesso separata dalla saggezza, isterilita in preoccupazioni utilitaristiche; una filosofia deplorevole, che non ha consapevolezza del suo ruolo e dei problemi che ci stanno a cuore, mendicante dalla scienza una verità che essa annuncia in anticipo come relativa, e appena capace di dimostrare che la scienza non è in grado di pervenirvi; delle società governanti e funzionanti come aziende commerciali; delle economie che si vanificano per subordinare l’uomo alla macchina e trarre dal lavoro umano solo il profitto; una vita privata dilaniata dagli appetiti, fuorviata, portata a tutte le forme di omicidio e di suicidio; […] l’indifferenza di coloro che sono responsabili del destino del mondo e lo avviliscono, lo sciupano, lo disprezzano. Non c’è forma di pensiero o dell’attività che non sia asservita ad un evidente materialismo. In ogni parte si impongono all’uomo sistemi e istituzioni che lo ignorano: l’uomo si distrugge sottomettendosi ad essi.
Noi vogliamo salvarlo ridonandogli la coscienza di ciò che egli è. Nostro compito principale è quello di ritrovare la vera concezione dell’uomo. Tutti concordiamo sul fatto che l’uomo debba essere ricostruito, a partire dal primato dello spirituale. La nostra prima attenzione sarà all’uomo, e sarà un’attenzione di amore. Niente più di essa è contrario alla compiacenza e al pessimismo ostinato: è ora di liberare l’eroismo dall’acredine e la gioia dalla mediocrità. […] Liberi, in tal modo, di portare nei confronti del reale una sincerità assoluta, prediligendo nel mondo la sua creatività imprevedibile e le finalità eterne, incominciamo ad agire per un mondo nuovo.
Dal Prospectus del Febbraio 1932 annunziante la pubblicazione di Esprit,
in: E. MOUNIER, Lettere e diari, Città Armoniosa, Reggio Emilia 1981.
PERSONAlismo
La persona è il volume totale dell’uomo. È un equilibrio in lunghezza, larghezza e profondità, è una tensione in ogni uomo, tra le sue tre dimensioni: quella che sale dal basso e l’incarna un corpo; quella che è diretta verso l’alto e l’innalza verso un universale; quella che è diretta verso il largo e la porta verso una comunione. Vocazione, incarnazione, comunione sono le tre dimensioni della persona.
La mia persona è in me la presenza e l’unità di una vocazione senza limiti nel tempo che m’incita a superare me stesso indefinitamente e opera, attraverso la materia che la rifrange, un’unificazione sempre imperfetta, sempre rinnovata, degli elementi che mi si agitano dentro. La missione essenziale dell’uomo è quella di scoprire progressivamente quella cifra unica assegnatagli come posto ed i doveri che gli competono nella comunione universale, oltre a dedicarsi, contro la dispersione della materia, al raccoglimento della propria persona.
La mia persona è incarnata. Non può dunque mai liberarsi interamente, nelle condizioni in cui si trova, dalla schiavitù della materia. Anzi, non può innalzarsi che pesando sulla materia, voler schivare questa legge è condannarsi anticipatamente ad una sconfitta: chi vuole fare l’angelo, fa la bestia. Il problema non sta nell’evadere dalla vita sensibile e particolare, dalle cose in mezzo alle quali si vive, in seno a società limitate, attraverso certi avvenimenti, ma sta, piuttosto, nel trasfigurarla.
Infine la mia persona trova se stessa solo dedicandosi alla comunità superiore che chiama e integra le persone singole.
I tre esercizi essenziali della formazione della persona sono dunque: la meditazione, per la ricerca della propria vocazione; l’impegno, ossia il riconoscimento della propria incarnazione; la rinuncia, vale a dire l’iniziazione al dono di sé e alla vita altrui. Quando la persona manca ad uno di questi esercizi, ha perso la partita.
da: E. MOUNIER, Rivoluzione personalista e comunitaria, Ecumenica editrice, Bari 1984, pagg. 74-78.
Personalismo COMUNITARIO
La depersonalizzazione del mondo moderno e la decadenza dell’idea comunitaria sono per noi la stessa ed unica disgregazione.
Esse conducono allo stesso sottoprodotto di umanità: la società senza volto fatta da uomini senza volto, il mondo del si (impersonale), in cui fluttuano tra gli individui senza carattere le idee generali e le opinioni vaghe, il mondo delle posizioni neutre e della conoscenza obbiettiva. È da questo mondo, dal regno del “si dice” e del “si fa”, che dipendono le masse, agglomerati umani, scossi a volte da moti violenti, ma senza responsabilità differenziata. […] le masse sono dei cascami, non dei principi. Depersonalizzate in ciascuno dei suoi membri, e per conseguenza depersonalizzate come totalità […].
È verso la massa che scivola una democrazia liberale e parlamentare, dimentica che la democrazia era in origine una rivendicazione della persona. Le “società” possono moltiplicarsi, le “comunicazioni” possono “ravvicinarne” i membri, ma non è possibile comunità alcuna in un mondo in cui non c’è più un prossimo e dove non rimangono che dei simili, che non si guardano. […]
Così si mostra definitivamente l’impossibilità di fondare la comunità schivando la persona, fosse anche sulla base di pretesi valori umani, disumanizzati in quanto spersonalizzati. Noi riserveremo allora il nome di comunità alla sola comunità valida e solida, la comunità personalista, che è, più che simbolicamente, una persona di persone.
[…] quando io comincio ad interessarmi della presenza reale degli uomini, a riconoscere questa presenza di fronte a me, a conoscere la persona che essa mi rivela, il tu che essa mi propone, a non vedere più in essa una “terza persona”, uno qualsiasi, una cosa vivente ed estranea, ma un altro me stesso, allora io ho posto il primo atto della comunità senza la quale nessuna istituzione avrebbe solidità.
Da: E. MOUNIER, Manifesto al servizio del personalismo comunitario, Ecumenica editrice, Bari 1975.
Scritto da Giulia il agosto 23 2011 10:09:48
COS’è IL PERSONALISMO?
Noi tutti conosciamo gli inconvenienti a cui dobbiamo adattarci, lasciando applicare un’etichetta quale quella di “personalismo” a un gruppo di ricerche e di volontà che desidera rimanere in pari tempo aperto e vigoroso. […]
Questo nome risponde al dilagare dell’ondata totalitaria; da essa è nato e contro di essa, e accentua la difesa della persona contro l’oppressione delle strutture. Sotto quest’angolo visuale corre il rischio di trascinare con sé vecchie reazioni individualistiche, felici di adornarsi di un nuovo blasone: di deliberato proposito l’abbiamo fin da principio associato a “comunitario”; ma un’insegna non è una qualificazione completa; e quando noi ricorderemo le vie maestre della nostra filosofia dell’uomo, vedremo che la persona non è una cellula, nemmeno in senso sociale, ma un vertice, dal quale partono tutte le vie del mondo.
Da: E. MOUNIER, Che cos’è il personalismo?, Einaudi, Torino 1975.
PERCHè IL PERSONALISMO?
Come non essere in continua rivolta con le tirannie del nostro tempo? Noi contestiamo in esso: una scienza troppo spesso separata dalla saggezza, isterilita in preoccupazioni utilitaristiche; una filosofia deplorevole, che non ha consapevolezza del suo ruolo e dei problemi che ci stanno a cuore, mendicante dalla scienza una verità che essa annuncia in anticipo come relativa, e appena capace di dimostrare che la scienza non è in grado di pervenirvi; delle società governanti e funzionanti come aziende commerciali; delle economie che si vanificano per subordinare l’uomo alla macchina e trarre dal lavoro umano solo il profitto; una vita privata dilaniata dagli appetiti, fuorviata, portata a tutte le forme di omicidio e di suicidio; […] l’indifferenza di coloro che sono responsabili del destino del mondo e lo avviliscono, lo sciupano, lo disprezzano. Non c’è forma di pensiero o dell’attività che non sia asservita ad un evidente materialismo. In ogni parte si impongono all’uomo sistemi e istituzioni che lo ignorano: l’uomo si distrugge sottomettendosi ad essi.
Noi vogliamo salvarlo ridonandogli la coscienza di ciò che egli è. Nostro compito principale è quello di ritrovare la vera concezione dell’uomo. Tutti concordiamo sul fatto che l’uomo debba essere ricostruito, a partire dal primato dello spirituale. La nostra prima attenzione sarà all’uomo, e sarà un’attenzione di amore. Niente più di essa è contrario alla compiacenza e al pessimismo ostinato: è ora di liberare l’eroismo dall’acredine e la gioia dalla mediocrità. […] Liberi, in tal modo, di portare nei confronti del reale una sincerità assoluta, prediligendo nel mondo la sua creatività imprevedibile e le finalità eterne, incominciamo ad agire per un mondo nuovo.
Dal Prospectus del Febbraio 1932 annunziante la pubblicazione di Esprit,
in: E. MOUNIER, Lettere e diari, Città Armoniosa, Reggio Emilia 1981.
PERSONAlismo
La persona è il volume totale dell’uomo. È un equilibrio in lunghezza, larghezza e profondità, è una tensione in ogni uomo, tra le sue tre dimensioni: quella che sale dal basso e l’incarna un corpo; quella che è diretta verso l’alto e l’innalza verso un universale; quella che è diretta verso il largo e la porta verso una comunione. Vocazione, incarnazione, comunione sono le tre dimensioni della persona.
La mia persona è in me la presenza e l’unità di una vocazione senza limiti nel tempo che m’incita a superare me stesso indefinitamente e opera, attraverso la materia che la rifrange, un’unificazione sempre imperfetta, sempre rinnovata, degli elementi che mi si agitano dentro. La missione essenziale dell’uomo è quella di scoprire progressivamente quella cifra unica assegnatagli come posto ed i doveri che gli competono nella comunione universale, oltre a dedicarsi, contro la dispersione della materia, al raccoglimento della propria persona.
La mia persona è incarnata. Non può dunque mai liberarsi interamente, nelle condizioni in cui si trova, dalla schiavitù della materia. Anzi, non può innalzarsi che pesando sulla materia, voler schivare questa legge è condannarsi anticipatamente ad una sconfitta: chi vuole fare l’angelo, fa la bestia. Il problema non sta nell’evadere dalla vita sensibile e particolare, dalle cose in mezzo alle quali si vive, in seno a società limitate, attraverso certi avvenimenti, ma sta, piuttosto, nel trasfigurarla.
Infine la mia persona trova se stessa solo dedicandosi alla comunità superiore che chiama e integra le persone singole.
I tre esercizi essenziali della formazione della persona sono dunque: la meditazione, per la ricerca della propria vocazione; l’impegno, ossia il riconoscimento della propria incarnazione; la rinuncia, vale a dire l’iniziazione al dono di sé e alla vita altrui. Quando la persona manca ad uno di questi esercizi, ha perso la partita.
da: E. MOUNIER, Rivoluzione personalista e comunitaria, Ecumenica editrice, Bari 1984, pagg. 74-78.
Personalismo COMUNITARIO
La depersonalizzazione del mondo moderno e la decadenza dell’idea comunitaria sono per noi la stessa ed unica disgregazione.
Esse conducono allo stesso sottoprodotto di umanità: la società senza volto fatta da uomini senza volto, il mondo del si (impersonale), in cui fluttuano tra gli individui senza carattere le idee generali e le opinioni vaghe, il mondo delle posizioni neutre e della conoscenza obbiettiva. È da questo mondo, dal regno del “si dice” e del “si fa”, che dipendono le masse, agglomerati umani, scossi a volte da moti violenti, ma senza responsabilità differenziata. […] le masse sono dei cascami, non dei principi. Depersonalizzate in ciascuno dei suoi membri, e per conseguenza depersonalizzate come totalità […].
È verso la massa che scivola una democrazia liberale e parlamentare, dimentica che la democrazia era in origine una rivendicazione della persona. Le “società” possono moltiplicarsi, le “comunicazioni” possono “ravvicinarne” i membri, ma non è possibile comunità alcuna in un mondo in cui non c’è più un prossimo e dove non rimangono che dei simili, che non si guardano. […]
Così si mostra definitivamente l’impossibilità di fondare la comunità schivando la persona, fosse anche sulla base di pretesi valori umani, disumanizzati in quanto spersonalizzati. Noi riserveremo allora il nome di comunità alla sola comunità valida e solida, la comunità personalista, che è, più che simbolicamente, una persona di persone.
[…] quando io comincio ad interessarmi della presenza reale degli uomini, a riconoscere questa presenza di fronte a me, a conoscere la persona che essa mi rivela, il tu che essa mi propone, a non vedere più in essa una “terza persona”, uno qualsiasi, una cosa vivente ed estranea, ma un altro me stesso, allora io ho posto il primo atto della comunità senza la quale nessuna istituzione avrebbe solidità.
Da: E. MOUNIER, Manifesto al servizio del personalismo comunitario, Ecumenica editrice, Bari 1975.
Scritto da Giulia il agosto 23 2011 10:09:48